Cesare Geronzi, il banchiere della Seconda Repubblica
L'opinione
Come chiamarla? Ironia della sorte? Beffa del destino? Vendetta della storia? La gloriosa Banca Commerciale Italiana, orgoglio della cosiddetta "finanza laica", superba e arrogante fino al punto da pensare di potersela cavare da sola
Come chiamarla? Ironia della sorte? Beffa del destino? Vendetta della storia? La gloriosa Banca Commerciale Italiana, orgoglio della cosiddetta "finanza laica", superba e arrogante fino al punto da pensare di potersela cavare da sola nel mondo ormai globalizzato del credito lanciando, un paio d'anni fa, un'Opa sull'americana Irving Bank ( subito fermata dalla Fed e da Washington), che finisce la sua corsa al capolinea di Banca Intesa, sotto la diretta tutela del ferrigno banchiere cattolico Giovanni Bazoli, destinata a cedere tutti i suoi sportelli e un quarto dei suoi dipendenti al network Intesa-Cariplo e a fondersi, prima o poi, con la merchant bank francese Indosuez. E ora l'altro pezzo pregiato della stessa "finanza laica", il sancta sanctorum di Mediobanca che si prepara a rimettere a posto il suo azionariato di controllo e a cedere la poltrona di presidente, attualmente occupato dal "laico-azionista" Francesco Cingano (Cuccia, come si sa, è solo presidente onorario e pur essendo lucidissimo, ha superato da tempo la soglia dei 90 anni), al banchiere cattolico Cesare Geronzi, presidente di quella Banca di Roma, l'unico istituto (tra le ex bin) che è uscito rafforzato dai processi di razionalizzazione del settore da) credito e che ha superato senza danni la feroce lotta di potere che, esattamente da un anno a questa parte, ha messo l'uno contro l'altro Comit; Unicredito, San Paolo-Imi (controllato direttamente dall'Eli di Umberto Agnelli), Banca di Roma e la stessa Mediobanca. Quindi non c'entrano né la malasorte, né i "corsi e ricorsi storici", né quelle classificazioni tra finanza laica e finanza cattolica su cui si attardano certi cronisti-narratori della domenica: Cesare Geronzi è sì un banchiere di cultura e formazione cattolica (ma di quel cattolicesimo liberale assai distante da certe chiusure confessionali del riservatissimo Bazoli), ma è soprattutto uno dei pochi top manager del credito che..a differenza di quei gran signori sussiegosi e pieni di sé della Comit, ha dimostrato grande competenza professionale, lucidità di analisi, capacità di visione strategica. Senza inutili nervosismi e senza eccessive agitazioni ha saputo resistere all'opas (offerta pubblica di acquisto e scambio) ostile lanciata il 22 marzo dell'anno scorso dal nuovo e agguerritissimo aggregato bancario San Paolo-Imi (nello stesso giorno in cui l"Unicredito di Profumo e Rondelli, con un'altra opa, andava all'assalto della Comit); ha saputo "capitalizzare" l'appoggio della Banca d'Italia ( il Governatore Fazio, come si ricorderà, dichiarò allora che Via Nazionale non avrebbe consentito operazioni ostili sulle grandi banche nazionali) e, infine, ha saputo risollevare le sorti della Banca di Roma, i cui "ratios" non potevano definirsi esattamente brillanti con alcune iniziative nuove e coraggiose come l'apertura del capitale agli olandesi della Abn-Amro e l'acquisizione, a sorpresa, del Mediocredito Centrale e del Banco di Sicilia.
In altre parole, mentre i vertici della "cugina" Banca Commerciale non riuscivano ad esprimere una strategia forte e coerente e segnavano così drammaticamente il destino dell'Istituto di Piazza della Scala (come s'è visto in questi giorni: da cacciatore a preda), Geronzi, banchiere solido e navigato, centrava l'obiettivo di fare della "sua" Banca di Roma il più forte istituto di credito del centro-sud, radicato sul territorio, vicino ai bisogni della nuova imprenditoria meridionale (e la presenza di un industriale del Sud come D'Amato alla guida di Confindustria non potrà che giovare allo sviluppo della banca), con un tasso di modernità e di efficienza destinato sicuramente a crescere dopo l'accordo firmato con la Telecom di Colaninno (il primo del genere nel settore) per la creazione della più grande banca telematica e virtuale italiana.
E proprio l'accordo con Colaninno, vicino - come si sa - sia allo staff economico del premier sia ai vertici di Mediobanca, può essere considerato un altro colpo da maestro di Geronzi, uno che non ha mai avuto molto da spartire con i comunisti e i postcomunisti ma che ha sempre saputo comprendere ( e spesso sfruttare a vantaggio della banca) le cosiddette "ragioni della politica".
Ecco perché le indiscrezioni più accreditate sulla piazza milanese indicano nel duo Gerorizi-Colaninno i candidati più accreditati a prendere il posto, in posizione di rilievo (quindi con il più alto numero di azioni), di quell'8,9% di Mediobanca ancora detenute da Comit ma da assegnare al più presto a nuovo soci dopo il famoso "divorzio" con Intesa. Ed ecco perché le stesse indiscrezioni vogliono Geronzi destinato alla poltrona di Cingano, nell'ipotesi in cui Cuccia preferisca "bruciare" Cesare Romiti (che aspira fortemente alla presidenza di Mediobanca) anche allo scopo di non rompere definitivamente l'ultimo ponte con Torino e gli Agnelli, con i quali restano ancora da decidere i futuri assetti di Hdp, la finanziaria di controllo del "Corriere della Sera" e quelli del gruppo Eridania-Beghin Say, il colosso agroalimentare ex Ferruzzi quotato alla Borsa di Parigi ma sempre ambito proprio dall' Ifil di Umberto Agnelli.
A vantaggio di Geronzi giocano anche i buoni rapporti con Torino (Banca di Roma e Toro Assicurazioni hanno una relazione più che collaudata) e quel senso della misura, unito ad una non comune attenzione per il nuovo (l'accordo con Telecom come s'è visto e in passato la partnership con la vecchia Seat nella concessionaria pubblicitaria Mmp il cui disegno strategico forse è alla base di tante recenti intuizioni della nuova Seat privatizzata di Lorenzo Pellicioli) che gli ha procurato sinceri giudizi di apprezzamento da parte dell'Avvocato.
E poi, dal momento che le grandi imprese hanno bisogno anche di un po' di fortuna, Geronzi può mettere in conto anche la fortuna di non avere, al momento, rivali sulla strada della presidenza di Mediobanca: perché Cuccia e Maranghi farebbero carte false pur di non vendere un'azione Mediobanca (ex Comit) a quei traditori di Unicredito, Rondelli e Profumo, i quali l'anno scorso arrivarono al punto di farsi consigliare dal "nemico" Gerardo Bragiotti nella preparazione dell'Opas su Comit.
Certo l'intreccio è ancora tutto da dipanare, ma gli elementi di scenario sono tutti a favore di Geronzi, un banchiere lontano (per cultura politica, per ideologia, per stile manageriale) da certi epigoni di Palazzo Chigi, e sensibile invece ai bisogni della Nuova Economia e dei suoi protagonisti. E, last but non least, più che gradito dal Governatore Fazio, cattolico e anche lui attento al "nuovo" della società italiana.