"Un, due, tre. Nasce la grande banca" di Mario Salvatorelli

Risparmio Oggi -Rivista Bimestrale della Banca di Roma - Gennaio Febbraio 1991

Parla Cesare Geronzi, direttore generale del nuovo Banco di Santo Spirito, nato dalla fusione del Banco con la Cassa di Risparmio di Roma. E spiega come la nuova struttura finanziaria, alla quale si aggiungerà presto il Banco di Roma, saprà affrontare la concorrenza internazionale dopo l'unificazione dei mercati

La grande operazione che vede interessati la Cassa di Risparmio di Roma, il Banco di Santo Spirito e il Banco di Roma, prevedeva nella sua prima fase, la concentrazione tra la Cassa e il Banco. Questa si è compiuta, di fatto, in questo mese di febbraio, con l'assemblea che si può definire di fusione, e che si è tenuta presso il Banco di S. Spirito. Ne parliamo con il Direttore Generale della cassa e Amministratore Delegato del Banco, Dr. Cesare Geronzi, riprendendo le fila di un discorso già inziato l'anno scorso su questa rivista.

Domanda - Dott. Geronzi, ci può fare il punto di questa operazione, che era partita all'inizio come un incontro a due, e poi, cammin facendo si è allargata fino a comprendere anche il Banco di Roma? L'ultima volta che ci siamo visti, Lei ha parlato della nascita, con i primi mesi del 1991, di un'unica banca al posto della Cassa di Risparmio di Roma e del Banco di S. Spirito. È avvenuto dunque il lieto evento?

Geronzi - Con il 1° marzo 1991, infatti, un'unica banca, e quella banca è il Banco di S. Spirito. L'Ente Fondazione Cassa di Risparmio di Roma, anch'esso costituito a seguito dell'approvazione del progetto richiesto dalla Legge Amato da parte del ministro del tesoro, eserciterà il credito non più direttamente ma attraverso la nuova SpA. Naturalmente, è già avviata la procedura per la seconda fase dell'operazione. Infatti, i periti nominati dal tribunale sono al lavoro per la valutazione del Banco di Roma. La valutazione è necessaria per effettuare, poi, i conferimenti nella «holding» al fine di determinare i rapporti di partecipazione, come ho detto, nella «holding» che controllerà a far tempo, penso, dal mese di giugno prossimo, il Banco di S. Spirito e il Banco di Roma. Subito dopo s'inizieranno le operazioni che sono alla base della fusione tra Banco di Roma e Banco di S. Spirito, costituito, appunto, nella sua nuova dimensione dopo la fusione con la Cassa di Risparmio di Roma.

Domanda - Cambierà qualche cosa, oltre che in termini di dimensioni, anche in termini operativi, e cioè: nasce la banca polifunzionale?

Geronzi - Ormai, è avviato il processo di costituzione di un polo bancario che assumerà la forma voluta dalla Legge Amato. Sono in corso tutti i lavori necessari per il riordino delle partecipazioni, un riordino molto complesso, che pensiamo di concludere entro il corrente anno. Si pensi alle concentrazioni indispensabili nel settore del leasing, nel settore del factoring, si pensi alla necessità di riordinare la presenza del gruppo nei settori finanziari, ai problemi connessi alla costituzione delle Sim, Società d'intermediazione mobiliare, Ecco, tutti questi problemi sono già stati posti sotto monitoraggio, si passi l'espressione, e pensiamo, come ho detto, di completare l'opera di riordino entro l'anno.

Domanda - Questa grande operazione avviene, in pratica, alla vigilia dell'apertura della libertà di concorrenza nella Comunità Europea. Ma siamo proprio alla vigilia? Nelle scorse settimane abbiamo avuto, con la decisione unilaterale della Bundesbank di alzare i tassi, un esempio di non-cooperazione che può lasciare perplessi sul pericolo di un eventuale sovrapporsi dei problemi nati dall'unità tedesca sui problemi dell'unità europea. Comunque, circa un anno fa, Lei ci disse di non avere particolari timori della concorrenza europea. Rimane della stessa opinione?

Geronzi
- Ribadisco il giudizio che ho già avuto modo di esprimere, e cioè che il sistema bancario italiano è in grado di sostenere con buona probabilità di successo la concorrenza che un sistema liberalizzato prefigura. Considero giudizi affrettati quelli che vogliono vedere le banche italiane scarsamente organizzate, incapaci di produrre servizi, non sufficientemente capitalizzate. Io credo, invece, che il sistema bancario italiano al di là dei ritardi che, certamente, in fatto di capacità di prestazione di servizi, ci sono, sia in grado di rispondere pienamente alle esigenze che un’accentuata concorrenza comporta. Innanzi tutto, non è affatto vero che le banche siano disorganizzate, non è affatto vero che il sistema sia fortemente sottocapitalizzato. Non esiste, a mio giudizio, questo problema, o perlomeno esiste soltanto per alcune banche. Quindi continuo a non essere pessimista. Certamente, a livello europeo ci sono problemi di coordinamento delle politiche economiche, in mancanza del quale tensioni si possono ovviamente scaricare sui sistemi più deboli, sotto il profilo economico e finanziario. Ma il coordinamento delle politiche economiche non è un problema di oggi, è un problema che è sempre stato dominante nei rapporti europei e che, certamente, si potrà meglio affrontare quando anche l’Europa si sarà dotata degli strumenti necessari, come la Banca europea, eccetera. D’altra parte, questo è sempre stato un problema politico, mentre il coordinamento delle politiche economiche presuppone l’accettazione da parte dei rispettivi governi di un ridimensionamento del loro potere nella gestione delle grandezze economiche.

Domanda – L’economista Mario Monti ha scritto, abbastanza di recente, che le banche italiane sono vissute finora in un sistema protetto. Ma, fino a che punto?

Geronzi – Certo le banche italiane sono vissute finora in un sistema protetto. Infatti, diciamo che è questo il problema del nostro sistema bancario, quello cioè, d’imparare a navigare in un mare aperto, e, quindi, di verificarsi in un contesto completamente mutato, con quote di mercato la cui mobilità può determinare notevoli dispersioni, nel senso che nessuno è più padrone della propria quota. E il mercato va controllato attraverso la capacità di produrre servizi, di produrli al miglior prezzo e alle migliori condizioni. D’altra parte, il mercato protetto ha determinato anche delle distorsioni a livello sindacale. Mi spiego meglio. L’evoluzione del sindacalismo bancario, anch’esso in qualche modo protetto, proprio perché operante in un sistema sotto tutela crea diverse difficoltà in una fase come quella che si sta attraversando nei momenti di concentrazione. Il sistema bancario, infatti, sta affrontando un periodo di ristrutturazione complessiva che si può assimilare a quella operata nel settore delle imprese, con un’unica differenza. Il sindacalismo bancario, cioè, non ha vissuto nel corso del tempo le difficoltà e le problematiche connesse alle crisi aziendali, dalle quali è partita, poi, la ristrutturazione delle imprese. Quindi, è auspicabile l’emancipazione delle organizzazioni sindacali nel settore, un miglioramento della qualità del loro intervento in una fase molto delicata, i cui risvolti non possono essere considerati soltanto a livello economico, dovendosi interpretare la ristrutturazione come una fase che prelude a un diverso collocamento delle aziende nel sistema.

Domanda
– Monti ha anche scritto che il susseguirsi nel nostro Paese di governi di coalizione ha influito sull’attività delle banche, in particolare nelle strategie di fusione. Che cosa ne pensa?

Geronzi
– Per quanto concerne le implicazioni negative derivanti dal susseguirsi nel nostro Paese di governi di coalizione, va detto che, in definitiva, soltanto oggi, dopo l’approvazione delle Legge Amato, si può parlare di strategie di fusione. Solo la Legge Amato crea le condizioni economico-fiscali e giuridico-formali per un riordino del sistema bancario. Che oggi ci sia confusione, è vero, ma, bisogna pur dire che, quando si avvia un processo delle dimensioni quali possono essere determinate dall’applicazione della Legge Amato, sarebbe superficiale immaginare che non ci siano momenti di discussione, momenti anche di confusione nelle iniziative da intraprendere. L’importante è che le persone, o le personalità, che si accingono a iniziative di concentrazione, lo facciano tenendo presente, soprattutto, il futuro degli istituti che governano, disinteressandosi, per quanto sia possibile, dei risvolti  politici, che a volte molto pretestuosamente vengono sollevati.