Mediocredito, Geronzi punta forte

La Repubblica

C'è anche la Banca di Roma tra coloro che hanno manifestato interesse per il gruppo Mediocredito Centrale-Banco di Sicilia. A JP Morgan e Credit Swisse, i due advisor del Tesoro per la privatizzazione del Mediocredito Centrale, l'istituto guidato da Cesare Geronzi si è dichiarato interessato ad acquisire il 100 per cento del capitale

ROMA - C'è anche la Banca di Roma tra coloro che hanno manifestato interesse per il gruppo Mediocredito Centrale-Banco di Sicilia. A JP Morgan e Credit Swisse, i due advisor del Tesoro per la privatizzazione del Mediocredito Centrale, l'istituto guidato da Cesare Geronzi si è dichiarato interessato ad acquisire il 100 per cento del capitale, così come Unicredito, Monte dei Paschi di Siena e Popolare di Verona. Per la Banca di Roma questo non vuol dire precludersi la possibilità di intese con altri candidati ma riaffermare la propria decisione di entrare nel grande gioco del riassetto del sistema, forte anche della disponibilità dei soci stabili (Abn, Toro, Lafico) a ricapitalizzare, se necessario per progetti industriali importanti, la società. Anche perché l'andamento della gestione migliora: nei primi sei mesi, secondo i dati approvati ieri, l'utile netto consolidato è stato di 1.002 miliardi, contro i 315 dello stesso periodo del '98, grazie anche alla cessione del pacchetto di controllo della Bna da parte di Bonifiche Siele finanziaria, nell'ambito degli accordi con l'Abn Amro. Dunque il Mediocredito è molto corteggiato. Le altre manifestazioni di interesse sono state presentate dalle Popolari di Vicenza, di Novara e dell'Emilia che congiuntamente sono pronte a rilevare il 30 per cento, all'interno di un progetto che prevede la partecipazione al nocciolo duro di una quindicina di imprenditori siciliani guidati dall'editore Ciancio Sanfilippo, che hanno manifestato interesse all'acquisto del 5 per cento, e della Finnatsim (la sim il cui capitale è posseduto per il 51 per cento da Nattino e per il 49 per cento dal Banco di Sicilia) che è pronta a rilevare l'1 per cento. Tutti costoro avranno accesso alla data room fino a metà della prossima settimana, dovranno poi presentare una offerta non vincolante entro l'8 di ottobre e l'offerta vincolante entro il 20 ottobre. Il Tesoro avrà quindi una settimana di tempo e il 28 ottobre comunicherà se la scelta sarà la cessione totalitaria a uno degli offerenti oppure se ci sarà una offerta pubblica di vendita e la costituzione del nocciolo duro. La scelta per l'opv sarebbe dirimente perché l'unico gruppo che ha presentato un progetto che prevede l'ingresso di imprenditori locali e la quotazione del titolo sono le tre popolari Vicentina, di Novara e dell'Emilia. La privatizzazione in un momento caldissimo del riassetto del sistema bancario, con l'ops Banca Intesa-Comit che sta per partire e lo scontro tra le Generali e il San Paolo di Torino sull'Ina, dal cui esito dipenderà il destino della Banca Nazionale del Lavoro e del Banco di Napoli. In un contesto del genere ogni partita diventa importante e in ogni partita è importante esserci. Su Mediocredito e Banco di Sicilia la prima a muoversi è stata la Popolare Vicentina, che ha elaborato un progetto intorno al quale ha poi coaugulato la Novara, la Popolare dell'Emilia e gli imprenditori siciliani i quali per la prima volta intevengono direttamente con una cifra significativa (tra 150 e 200 miliardi per il 5 per cento). L'attenzione degli altri si è svegliata cammin facendo. Il Mediocredito è ormai essenzialmente una investment bank, la sua attività tradizionale di erogatore di fondi agevolati è marginale, ha 500 dipendenti la cui età media è di 37 anni e 2400 miliardi di patrimonio netto, per metà circa investito nel 38 per cento del Banco di Sicilia. Chi lo comprerà si troverà quindi un migliaio di miliardi di patrimonio disponibile, un buon gruppo di giovani professionisti e il controllo del Banco di Sicilia, che per molti è diventato la parte più appetibile dell'operazione. Il Banco di Sicilia infatti vuol dire 650 sportelli, 150 dei quali non in Sicilia, e 55 mila miliardi di massa amministrata, che ne fanno la nona banca italiana, una preda appetibile in questa fase finale dei grandi giochi dai quali dovrebbero emergere i tre o quattro gruppi italiani di dimensione europea. È probabilmente la ragione che ha spinto Banca di Roma e Unicredito, e forse anche Monte dei Paschi.