Lucchini e Geronzi i due mediatori più furbi della City

Il Foglio

Come la Fiat è diventato il socio privato più importante della Banca di Roma senza scatenare polemiche. D'Alema il pacificatore.

Milano - Il fatto più clamoroso era accaduto in aprile, quando nel consiglio di amministrazione della Banca di Roma i rappresentanti della Toro assicurazioni, debitamente istruiti dal loro azionista, la Fiat, si erano uniti senza riserve alla proposta del presidente Cesare Geronzi di respingere l'offerta pubblica di scambio (Ops) avanzata da SanPaolo-Imi. Ops che a Torino aveva avuto la calorosa approvazione degli esponenti dell'Ifil nel board dell'istituto piemontese. Testimonianza della reciproca autonomia, avevano fatto dire allora gli Agnelli.
Prova della confusione che regna nella real casa, dove la strategia anti-Mediobanca voluta da Umberto Agnelli non è del tutto condivisa dal fratello Gianni e dal management Fiat, hanno invece commentato i più. Sta di fatto che, con questo precedente, non poteva che passare quasi inosservato l'acquisto di un 2 per cento di azioni Banca di Roma operato qualche giorno fa dalla Fiat, tramite la svizzera Banca unione di credito. Un pacchetto che, aggiunto all'8 per cento abbondanti (il 4 per cento in obbligazioni convertibili) già in possesso della Toro, consente a Fiat di scavalcare gli olandesi dell'Abn- Amro (8,75 per cento), al secondo posto nel libro soci dopo la fondazione Cassa di risparmio di Roma (18 per cento). Eppure questa che appare solo come una piccola scossa di assestamento dopo il terremoto nell'establishment finanziario dei mesi scorsi è rivelatrice di quali novità si preannunciano per settembre.
Dopo mesi di guerre prima intorno alla scalata dell'Olivetti alla Telecom e poi per il controllo delle grandi banche, scontri nei quali rancori e ripicche personali hanno avuto un ruolo decisivo, nel mondo economico e finanziario, incoraggiato dalla politica, ora la parola d'ordine è "riconciliazione". L'antefatto è ormai noto: il capitalismo italiano, dopo decenni di assoluta oligarchia, è letteralmente imploso, producendo per la prima volta al proprio interno una frattura tra i soggetti più forti, gli Agnelli da una parte e la Mediobanca di Enrico Cuccia dall'altra, ciascuno con un pezzo del vecchio blocco di potere al proprio fianco. Una diaspora che ha rotto patti antichi - si pensi a quello tra Mediobanca e Lazard - ha prodotto lacerazioni pericolose - gli equilibri dentro Hdp e quindi intorno al Corriere della Sera sono tuttora precari - ma ha lasciato le cose a metà, senza né vincitori né vinti. Anche perché i principali referenti politici, Massimo D'Alema e Romano Prodi a loro volta non hanno trovato uno sbocco ai loro conflitti, entrambi troppo deboli per sopraffarsi e sufficientemente forti per non essere sopraffatti. 
La debolezza dei contendenti
Qualche osservatore ha giudicato salutare questo conflitto. Altri hanno sottolineato che la contrapposizione tra Fiat e Mediobanca guarda caso coincide con una debolezza senza precedenti di entrambe e dunque non è il caso di perseverare in una guerra tra poveri. Così, diradati i fumi delle cannonate, qualcuno ha cominciato a pensare che sarebbe più sensato arrivare a una tregua, circoscrivendo i rispettivi campi di azione. L'obiettivo verso cui si muovono i "riconciliatori" è infatti quello di un capitalismo bipolare, concorrenziale ma non perennemente in guerra. Ci riusciranno? E soprattutto, chi sono i più impegnati in questo lavoro di raccordo? Il primo a mandare segnali di pacificazione non poteva che essere un soggetto terzo: Palazzo Chigi. D'Alema avrebbe speso più di una parola perché le parti in causa prendessero consapevolezza della necessità di volgere in positivo i loro motivi di contrapposizione, almeno per evitare la colonizzazione estera. Ma anche tra i frequentatori del salotto buono ci sono i pacificatori. Due in particolare: Cesare Geronzi e Luigi Lucchini. Il primo ha sfruttato il suo ruolo di cerniera: da un lato il più leale amico di Cuccia, dall'altro a stretto contatto con la Fiat - è forse l'unico in Italia a vantare lo stesso grado di amicizia con Paolo Cantarella e Paolo Fresco - per via della Toro. Per questo il rafforzamento di Torino nella Banca di Roma è significativo: vuol dire che Geronzi si muove con la piena apertura della Fiat. Il presidente della Comit, invece, non avendo sponde operative con gli Agnelli, ha speso tutta la sua  credibilità personale per cercare una ricucitura. E chi ha parlato recentemente con Gianni Agnelli ed Enrico Cuccia, giura che questo sia anche il loro intendimento, vedremo se a settembre arriverà questo atteso segnale di distensione.