Come ha vinto Geronzi
Panorama
Due domande sulla vendita di Mediocredito. Con un patto a tre rimasto segreto.
È finita come da copione la vendita del Mediocredito centrale e del controllato Banco di Sicilia. Ha vinto cioè la Banca di Roma guidata da Cesare Geronzi che ha offerto 3.900 miliardi, in contanti, per il 100 per cento del Mediocredito contro i 3.700 messi sul tavolo dal competitor UniCredito italiano.
Anticipata da Panorama a metà ottobre, la soluzione lascia aperti due interrogativi. E cioè: che ne sarà della cordata delle banche popolari capitanate dalla vicentina dell'effervescente Gianni Zonin? E come ha fatto la Banca di Roma a calibrare la propria offerta al Tesoro in maniera tale da precedere sul filo di lana del traguardo la banca guidata da Lucio Rondelli e Alessandro Profumo?
Alla prima domanda non è oggi possibile rispondere esaurientemente. Una soluzione a cui viene dato un certo credito è che la cordata si sciolga, che la Popolare vicentina venda a UniCredit la propria quota di Bnl e che il ricavato venga reinvestito nella Banca di Roma. In questo modo Zonin diventerebbe uno degli azionisti forti dell'istituto capitolino. Abbastanza forte, spiega qualcuno maliziosamente, da contro bilanciare l'accoppiata Abn-Amro-Toro. Al secondo quesito si potrebbe rispondere in maniera ovvia sottolineando il fatto che la Banca di Roma ha offerto 200 miliardi in più di UniCredit. Ma c'è anche una risposta meno scontata. Nei giorni immediatamente precedenti l'offerta definitiva, Il Sole 24 Ore ha riferito, senza particolare enfasi, di un incontro fra Geronzi, Rondelli e Profumo. In quella riunione, affermano fonti molto ben informate, il presidente della Banca di Roma avrebbe garantito all'UniCredit tutto l'appoggio per la conquista della Bnl in cambio di un semaforo verde su Mediocredito e Banco di Sicilia. Vero o falso? È vero che l'UniCredit ha evitato di aumentare la propria offerta e che, per di più, ha anche preteso una "due diligence" sui beni messi in vendita dal Tesoro, l'intelligenza tattica di Geronzi ha fatto il resto.
Anticipata da Panorama a metà ottobre, la soluzione lascia aperti due interrogativi. E cioè: che ne sarà della cordata delle banche popolari capitanate dalla vicentina dell'effervescente Gianni Zonin? E come ha fatto la Banca di Roma a calibrare la propria offerta al Tesoro in maniera tale da precedere sul filo di lana del traguardo la banca guidata da Lucio Rondelli e Alessandro Profumo?
Alla prima domanda non è oggi possibile rispondere esaurientemente. Una soluzione a cui viene dato un certo credito è che la cordata si sciolga, che la Popolare vicentina venda a UniCredit la propria quota di Bnl e che il ricavato venga reinvestito nella Banca di Roma. In questo modo Zonin diventerebbe uno degli azionisti forti dell'istituto capitolino. Abbastanza forte, spiega qualcuno maliziosamente, da contro bilanciare l'accoppiata Abn-Amro-Toro. Al secondo quesito si potrebbe rispondere in maniera ovvia sottolineando il fatto che la Banca di Roma ha offerto 200 miliardi in più di UniCredit. Ma c'è anche una risposta meno scontata. Nei giorni immediatamente precedenti l'offerta definitiva, Il Sole 24 Ore ha riferito, senza particolare enfasi, di un incontro fra Geronzi, Rondelli e Profumo. In quella riunione, affermano fonti molto ben informate, il presidente della Banca di Roma avrebbe garantito all'UniCredit tutto l'appoggio per la conquista della Bnl in cambio di un semaforo verde su Mediocredito e Banco di Sicilia. Vero o falso? È vero che l'UniCredit ha evitato di aumentare la propria offerta e che, per di più, ha anche preteso una "due diligence" sui beni messi in vendita dal Tesoro, l'intelligenza tattica di Geronzi ha fatto il resto.