Scaroni e l'Eni. Chi spegne il gas?
La Repubblica
Il gas algerino, a volte, diventa letale. Lo è stato sicuramente per i vertici della Saipem.
Il gas algerino, a volte, diventa letale. Lo è stato sicuramente per i vertici della Saipem. Decapitati senza pietà, dall’ad Franco Tali, al responsabile Engineering Pietro Varone. L’inchiesta dei pm milanesi De Pasquale e Spadaro è un bel verminaio. Con le solite cautele del caso, chiama in causa l’azienda controllata dall’Eni per la realizzazione dei gasdotti Galsi e Gk3, che in Algeria ha già portato alle dimissioni del presidente della compagnia petrolifera di Stato Sonatrach. Un business da 580 milioni di dollari, sul quale aleggia forte il sospetto di tangenti. L’energia, come la difesa, è uno di quei settori strategici dove l’alta «intensità» dei rapporti tra politica e affari fa pensare che le mazzette non siano l’eccezione, ma la regola. Si può pensare che il caso Saipem si trasformi presto in un’altra Finmeccanica? Si può immaginare che seguendo l’odore pungente del gas algerino si arrivi a scoprire un giacimento di corruzione su scala molto più vasta, e per così dire «sistemica»? È presto per dirlo. Quello che si può dire, è che questo incidente è già costato un bel bagno di sangue in Borsa, dove il titolo della controllata (Saipem) e quello della controllate (Eni) hanno lasciato sul campo perdite pesanti. E quello che si può dire è che la controllante farebbe bene a dare ai magistrati tutta la collaborazione possibile, illuminando tutte le zone d’ombra. Per
ora Paolo Scaroni, ceo dell’Eni, sembra andare in questa direzione. Oltre ad azzerare i capi della Saipem, ha anche approfittato per far cadere la testa del direttore finanziario della capogruppo, Alessandro Bernini. Il motivo colpisce: all’epoca dei fatti sui quali si concentra l’indagine della Procura, Bernini era in effetti in Saipem. Ma oggi l’Eni lo rimuove «pur ritenendo il proprio operato corretto». Una contraddizione, o un eccesso di zelo? Qualche dubbio è legittimo. È evidente che per Scaroni lo scandalo Saipem è insidioso. Il navigato chief executive, che da anni bordeggia disinvolto tra destra e sinistra, è all’Eni dal 2006. Si racconta che già un anno fa provò in tutti i modi a lasciare la guida del cane a sei zampe, magari per trasferirsi alla presidenza delle Generali. Il tentativo, se c’è stato davvero, fallì. Il suo attuale mandato scade il 31 dicembre 2013. E Scaroni, si dice, cerca un posto altrove. Magari a Telecom, dove il cammino di Franco Bernabè è in salita. Fanta-finanza? Non solo, anche fanta-politica. Nel suo «Confiteor», il libro-intervista con Massimo Mucchetti, Cesare Geronzi vede un futuro radioso per Scaroni: «Formulo la previsione che egli sarà, al verificarsi di un certo contesto post-elettorale, il futuro ministro degli Esteri, sulle tracce delle visioni di Enrico Mattei...». Nientedimeno. Purchè, prima di uscire dall’Eni, si ricordi di spegnere il gas.
Massimo Giannini