Geronzi e D’Alema “comapagni” anti-Monti

Il Fatto Quotidiano

L’ex premier: i tecnici non sono unti del signore


La stagione di Mario Monti è finita, “il suo compito si è esaurito”. La sentenza l’ha data Massimo D’Alema alla presentazione del libro –intervista “Confiteor” di Cesare Geronzi con Massimo Mucchetti. Il presidente del Copasir dichiara di non essere ostile al premier, anzi: “ Fui io a chiedergli di guidare il governo un anno prima che ciò avvenisse”, sulla base di un antico rapporto nato nel ’99, quando, da presidente del Consiglio, “rinnovai il suo incarico di commissario europeo”. Però adesso i tecnici hanno stufato: “Pensano di dover insegnare tutto a questi ingnorantoni dei politici, c’è un atteggiamento professionale, di disprezzo, rivelatore di uno spirito antidemocratico”. D’Alema accusa gli oligarghi del potere economico: “L’idea che debba governare chi vince le elezioni devono accettarla anche questi unti del signore”. E per dar forza alla sua visione del futuro prossimo (“Adesso c’è bisogno della politica”), propone proprio l’anziano banchiere oggi in disrmo come modello di corretto rapporto tra economia e politica: “Geronzi ed Enrico Cuccia (fondatore e leader di Mediobanca) sono accomunati dal rispetto per le istituzioni democratiche e da una visione del Paese”. Anche D’Alema guarda al futuro: “Sono del tutto convinto che abbiamo bisogno di una normativa seria sul conflitto di interessi”. Ma soprattutto, davanti a una platea di anziani reduci della prima e della seconda repubblica, D’Alema e Geronzi condividono una narrazione rosea del comune passato: “L’unico suo errore è stato sponsorizzare la Lazio su richiesta di Andreotti”, concede il politico. Per il resto nulla da segnalare: “Geronzi nel libro dice la verità. Non mi ha mai chiesto nulla che non fosse conforme alla legge e agli interssi del Paese. E io non gli ho chiesto nulla di nulla”. Niente di illegale, come suol dirsi. Il direttore dell’Espresso, Bruno Manfellotto, ricorda le condanne in primo grado per bancarotta incassate da Geronzi ( 4 anni per la Cirio, cinque per la Parmalat), ma nessuno raccoglie. Mucchetti, intervistatore nemico di Geronzi, cerca con qualche imbarazzo di sfilarsi dall’abbraccio dei reduci, con D’Alema che lo incalza: “Dal libro si evince che a forza di confrontarsi con lui ha capito che Geronzi è molto migliore della fame che lo accompagna”. Il giornalista del Corriere della Sera cerca di colpire in contropiede, mentre dalla platea l’ex tesoriere dei Ds, Ugo Sposetti, lo incenerisce con lo sguardo: “Geronzi ha impiegato sette anni per mettere a posto i debiti dei Ds: la Banca di Roma dall’operazione ci ha guadagnato o ci ha perso? Cioè, ha di fatto finanziato il partito di D’Alema? A questa domanda non ho avuto risposta”. Infatti la provacazione cade nel vuoto. Insiste: “Il sisitema della  banche capitoline ha contribuito a tenere in piedi il sistema politico. C’è qui Valentino Parlato, il suo Manifesto è stato aiutato da Geronzi. Se restano in piedi i giornali che possono presentare i bilanci in rosso perchè hanno dietro i soliti noti, questo non è un gran contributo alla democrazia”. Geronzi glissa soavemente e rilancia: “Antonio Fazio è stato un grande banchiere centrale”. Sipario. Appalusi.

Giorgio Meletti