Geronzi ricorda la lezione di Carli: lasciare lo scontro, poi ripartire

Il Messaggero

La prima uscita pubblica dell'ex presidente delle Generali

ROMA - Cesare Geronzi non resiste alla tentazione. La cerimonia di consegna del premio Guido Carli, la sua prima uscita pubblica dopo le dimissioni traumatiche dalla presidenza delle Generali è l'occasione per ricordare quanto è «illuminante e di conforto», oggi, l’operare dell’allora governatore della Banca d'Italia. Lui, Carli, che era «costituzionalmente antitetico» alla mancanza di lealtà. Lui che non si faceva «scrupolo nel valutare le esigenze di sistema» a cui legare gli interessi singoli. Lui che quando capì «che si cominciavano a tessere intorno a Palazzo Koch tentativi di giochi politici, non esitò un solo attimo e rassegnò le dimissioni». Non è un caso che sia proprio questa l'occasione scelta da Geronzi per togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Si sente un po' a casa, forse, nella sala della Lupa di Palazzo Montecitorio in cui dodici personalità illustri prima di lui (che è l'ultimo) hanno appena ricevuto il premio Guido Carli dalla giuria presieduta dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta. «E' il pupillo di Carli», lo presenta lo stesso Letta. «è l'uomo a cui il governatore affidò l’ufficio cambi della Banca d'Italia». Un ruolo che, chiarisce subito Geronzi «ho esercitato con grande senso di responsabilità, come tutta la mia vita».
Sottolineando il merito di Carli di far diventare Bankitalia «una moderna banca centrale apprezzata in tutto il mondo», Geronzi ricorda il governatore «maestro di etica della responsabilità». Ma anche l’uomo «rigoroso sul piano della trasparenza», lontano dall’«approccio ipocrita e dalla mancanza di lealtà». Tutti mali «difficilmente estirpabili».
«Era la visione degli interessi generali che ha informato l’agire di tutti quanti sono stati alla sua scuola», precisa ancora Geronzi. «Quegli interessi che oggi sembrano diventare quasi turpiloquio, secondo qualche benpensante, così come, di tanto in tanto, viene bandito il riferimento al sistema. E poi improvvisamente ne viene fuori
una smodata esaltazione».
Del resto,conclude l'ex presidente del Leone, il governatore «riteneva che gli interessi singoli si dovessero perseguire con determinazione, ma che sarebbe stato pure necessario che non fossero slegati da quelli generali. Diversamente sarebbe stata l’apoteosi di quelle che egli definiva arciconfraternite del potere, oggi le varie lobby, che spesso si nutrono dei lacci e laccioli di cui resta ancora avviluppala una parte dell’economia».
La sua uscita da Bankitalia è ancora «una lezione viva» per Geronzi. Perché «quando Carli capì che si cominciavano a intessere intorno a Palazzo Koch tentativi di giochi politici e si vociferava delle ipotesi di suoi successori, non esitò un solo attimo a dimettersi disgustato com’era dalla trame avviluppate nell’ombra». Perché «quando Carli era convinto che le difficoltà paralizzanti dovessero essere superate con determinazione, anche abbandonando il terreno di scontro, per poi riprendere con rinnovato impegno nuove strade, ma sempre con i medesimi punti cardinali». Insomma,«corsi e ricorsi storici», conclude Geronzi.
L'ultimo ricordo di Carli spetta, dunque all'ex presidente delle Generali dopo che lo stesso Letta aveva raccontato il governatore «difensore del progetto europeo» che oggi ci consiglierebbe di frenare gli egoismi della Comunità che tanto hanno pesato sulla crisi». Tra i premiati ieri nella cornice di Montecitorio anche Guido Tabellini, Fabrizio Romani, Brunello Cucinelli, Attilio Befera, Paolo Cuccia, Fabio Gallia, Debora Paglieri, Lorenzo Giannuzzi, Giandomenico Auricchio, Francesco Profumo, Gino Lunelli, Mario Orfeo e appunto Geronzi.

Roberta Amoruso