La doppia sfida del Leone. Redditività e stabilità

Il Sole 24 Ore


Dopo mesi di polemiche la Borsa ha tirato un sospiro di sollievo per quella che sembra la fine di una dura fase di scontro al vertice delle Generali. Polemiche che sono state spesso difficilmente interpretabili dal mercato e dal Paese. Non c'è dubbio che il rialzo del titolo delle Generali negli ultimi due giorni sia il risultato dell’uscita  di Cesare Geronzi. Ma sarebbe un errore pensare che la fiducia della Borsa sia incondizionata anche per il mercato.
Se le dimissioni di Geronzi saranno infatti seguite da altra incertezza il guadagno accumulato in questi pochi giorni evaporerà con la stessa velocità.
La Borsa, a Milano come a New York o a Londra, più che negli uomini, crede nelle strategie, nei risultati, nella chiarezza d'intenti, nella trasparenza e nella capacità di mantenere le promesse.
Saltare sul carro dei vincitori è facile, ma anche il più spregiudicato dei trader sa bene che non si può giustificare tutto con l'accanimento del mercato su Cesare Geronzi: alla presidenza delle Generali il banchiere romano non è mica salito per volere dei fondi, ma per la scelta dei grandi soci. Sul titolo, che sotto la presidenza Geronzi ha perso il 10% avrà certamente pesato l'ostinata determinazione con cui il banchiere romano ha messo sotto esame le scelte del management, spingendosi in alcuni casi ben oltre il mandato che aveva ricevuto, ma una parte di responsabilità va cercata anche altrove.
Ciò che ha pesato di più sul titolo delle Generali è stata l’incertezza gestionale, la confusione dei ruoli e l'illusione che il mercato accettasse al buio e senza discutere la logica dei compromessi su quella dell'efficienza, della redditività, della chiarezza di strategie e del valore degli investimenti. Geronzi, in questo senso, non ha più responsabilità di quante ne abbia chi ha scelto di candidarlo e nominarlo al vertice delle Generali senza prima riformarne la governance, spiegarne i motivi al mercato e creare quel consenso sulle regole e le strategie che avrebbe evitato di trascinare la più importante conglomerata finanziaria italiana in un vortice di accuse e recriminazioni.
Il Paese non bisogno di una vecchia Iri o di una grande Mediobanca, ma di aziende sane e di istituzioni finanziarie efficienti, di soci che stanno insieme non solo per combattere il nemico, ma per dare certezza ai manager e capitali per lo sviluppo. In altre parole, il Paese ha bisogno del mercato, quello vero. Sarebbe un errore credere che la Borsa abbia festeggiato solo l'addio a Geronzi; ha premiato la fine dell'incertezza. Il vero test, per le Generali, il management e i soci, comincia adesso e per gli alibi non c'è più spazio: quello che da sulla fiducia, il mercato è sempre pronto a togliere sugli errori. A parlare, d'ora in poi, dovranno essere solo i risultati.
Alessandro Plateroti