Ponderata e puntuta difesa del banchiere di sistema che combatteva il sistema annidato in Rcs

Il Foglio

Geronzi è stato estromesso da Generali perché il “maggior sistema” vuole che venda la sua quota nel Corriere della Sera a sedicenti capitalisti “anti sistema”.


Diego Della Valle è il fattorino di lusso (suona meglio nel greco omerico: phorèus) che ha portato a Cesare Geronzi, da lui definito arzillo vecchietto, il messaggio informale di Mediobanca di dimettersi sua sponte da presidente di Assicurazioni Generali. Le dimissioni ci sono state successivamente contro la sua volontà tramite una mozione di sfiducia che ha messo in luce la tensione interna al gruppo di controllo del Leone (che in verità appare un bel gattopardo) e ha costretto a "liquidare" il Gianni Letta dell'alta finanza, con 16 milioni di euro, una somma che non include solo il compenso per un anno di saggezza sprecata, ma la sua intera carriera, data per finita, dai media di Rizzoli Corriere della Sera e Associati che di solito portano male a chi ci crede.
L'arzillo vecchietto non è stato sfiduciato perché banchiere vecchio stile “di sistema” – fumoso termine inventato nei quartini bassi del giornalismo economico – per bollare chi non sta al gioco, ma perché non stava bene entro il maggior sistema, quello da cui sono partite le accuse.
L’ex presidente delle Assicurazioni Generali esercitava una mediazione, che supponeva potesse essere utile alla banca d'affari milanese, ovvero Mediobanca, da lui rappresentata nel gruppo assicurativo di Trieste.
Il Leone, oltre a investire in varie imprese, ha anche un piccolo pacchetto di azionario di Rizzoli Corriere della Sera, il 3,6 per cento, e fa parte del patto di sindacato che ne controlla circa il 63 per cento. Geronzi come presidente di Generali faceva parte del patto di sindacato di Rizzoli, che contiene la corazzata Corriere della Sera. Quella da cui partono i messaggi sulle leggi sulla giustizia, a cura di cronisti giudiziari che chiamano processo lungo l'abrogazione dell'impiego discrezionale della procedura abbreviata non richiesta dall'imputato, mutilato così dei suoi diritti di difesa; sui colpevoli e gli innocenti nelle procedure delle diverse procure; sui gasdotti buoni e su quelli cattivi; sul diritto di un monopolio lattiero francese d'ampliare il potere di mercato con il controllo di Parmalat mediante opache operazioni di equity swap; su ciò che deve fare Gianfranco Fini, prima e dopo Fli (Futuro e libertà); su quanti e quali siano i gradi di saggezza e di voti di Pier Ferdinando Casini e di Luca Cordero di Montezemolo, in panchina da anni a scaldarsi i muscoli per comandare un governo tecnico, o di transizione pre elettorale o postelettorale, con alternanza o codirezione (anche per il loro Diego è stata profetizzata una carriera politica); su ciò che deve fare il beneamato Pd; sul diritto del Consiglio superiore della magistratura di esprimere un parere preventivo sulle leggi, anche penali e di procedura penale che poi i magistrati dovrebbero applicare; sulle elezioni anticipate "per il bene del paese" e soprattutto sulla demonizzazione di Silvio Berlusconi, il nuovo cinghialone da abbattere per via mediatico-giudiziaria.
A Geronzi questo sistema di mischiare politica e affari non piaceva, voleva più moderazione. Ergo la quota in Rcs di Generali, che lui rappresentava, andava venduta perché era un investimento di sistema, contrario all'economicità: in realtà "non bisogna disturbare il manovratore". Geronzi però non voleva venderle la partecipazioni nella Rizzoli.
Allora venne avvertito che doveva andarsene. Anche perché la sua mediazione in Generali, fra controllo storico di Mediobanca e nuovi soci che, coalizzati, lo potevano ridimensionare, non era gradita. Si immaginava che l'obiettivo di Geronzi nelle Generali fosse di annacquare il potere di Mediobanca, mentre era di consolidarlo con alleanze. Ora il titolo è salito non perché andando via Geronzi le Generali potrebbero rendere di più, ma perché senza questo mediatore il gruppo è più contendibile.
Chi ha pugnalato Geronzi paga cara la vittoria. Le accuse all'ex presidente di Generali di volere investimenti di sistema e non d'economicità è palesemente contraddittoria.
In realtà sullo stesso Corrierone si leggeva che è logico che gli industriali e le banche partecipino a un gruppo editoriale importante perché la sua convenienza economica non si misura in profitto aziendale (quindi, presumo, nell’influenza dei media su politica e affari). Perché allora la tesi di Geronzi, che voleva moderare questo parteggiare, era errata? In che modo la partecipazione di controllo di Mediobanca nelle Assicurazioni Generali non è di sistema, visto che comporta maggioranze incrociate? Si fanno solo per redditività nell'impresa assicurativa che deve investire le sue riserve o anche per condizionare gli impieghi a interessi comuni? Che altro è la quota di Generali in Telecom Italia attraverso Telco? Geronzi ciò lo accettava, come professionista banchiere, ma non gradiva l'inciucio politico partigiano. Cioè il passaggio dal sistema entro gli affari a quello con la politica. E' stato pugnalato. Ed ora è dato per morto. I media possono emanare sentenze, ma non quella di morte.
Geronzi ha lasciato Generali da signore, tacendo, nonostante i modi calunniosi con cui è stato trattato, e deve decidere lui cosa farà in futuro. Leviamoci il cappello ai passaggio di questo signore della finanza del sistema qb (quanto basta).
Francesco Forte