Geronzi: crisi, troppi ritardi sulle regole

Corriere Della Sera

Per il presidente Generali serve una banca centrale globale. Difficoltà? Realismo, non pessimismo

RIMINI — Dopo la «tempesta perfetta» occorre accelerare sulla strada delle nuove regole per la finanza mondiale e arrivare « possibilmente » a una specie di banca centrale globale. Cesare Geronzi, banchiere e oggi presidente delle Generali, interviene per la prima volta al Meeting di Rimini e di fronte alla platea stracolma anche di ragazzi seduti per terra, legge un discorso impegnativo colmo di citazioni «trasversali», da Camus a Schumpeter, sulle cause della crisi e sul «che fare» oggi. Accanto a lui ci sono Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi e Giorgio Vittadini della Fondazione per la sussidiarietà.
Geronzi, che prima di entrare nel salone ha incontrato il cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, spiega subito perché ha accettato l’invito: «Pochi sanno che Don Giussani ha avuto una frequentazione della mia famiglia nella nostra casa ai Castelli romani nei primi anni Ottanta. E io ho avuto la fortuna di assistere a un suo colloquio con Guido Carli, che considero un mio maestro».
Secondo il banchiere-assicuratore la crisi, che non è superata ma «bisogna essere non pessimisti bensì realisti», ha visto formarsi un «sistema bancario-ombra», che a partire da subprime e derivati, «ha trasferito i rischi» e favorito il «contagio». E ora «la definizione delle nuove regole è ancora all’ordine del giorno. Occorre accelerare il percorso soprattutto in Europa. Tarda la definizione di una efficace nuova architettura della vigilanza nell’Unione. Non si può stare a lungo fermi in mezzo al guado». Certo, ricorda, «ci si era incamminati con lo studio per l’adozione di nuovi principi e del global legal standard per le attività finanziarie. Si era pensato a una nuova Bretton Woods». Ma «ora si constata quanto sia difficile il percorso. Nonostante le elaborazioni del Financial stability board, i progressi finora segnati a livello internazionale non sono rilevanti». E «del tutto abbandonata sembra l'ipotesi di una riforma del Fondo monetario internazionale e della Banca Mondiale». Eppure «è essenziale, per un nuovo ordine monetario, un organo che sovraintenda alla liquidità internazionale: una sorta di banca centrale globale». Non è «più procrastinabile l’adozione di nuove regole», perciò è «legittimo attendersi scelte efficaci, nella regolamentazione e nelle politiche, dal G20 di Seoul a novembre».
In Italia le parole d’ordine prioritarie secondo Geronzi sono «riequilibrare la finanza pubblica» e «attivare una crescita maggiore. Muove in una corretta direzione la manovra finanziaria approvata dal governo a fine luglio». Il momento è molto delicato, sottolinea Geronzi: «Tornano segnali di difficoltà in campo internazionale e all’interno il Tesoro si appresta in questa parte finale dell’anno a ricorrere al mercato per una raccolta di fondi pari a 160 miliardi».
Il presidente delle Generali largheggia sui temi «macro» e non risparmia nemmeno consigli ai risparmiatori: «Chi vuole investire deve puntare sul lungo termine e non guardare ai corsi giorno per giorno». Ma non trascura quelli «micro». Definisce la compagnia triestina «la prima multinazionale del Paese» e sottolinea che è leader fra i gruppi assicurativi esteri in Cina. Ha in portafoglio 400 miliardi di investimenti, ciò significa che solo di rinnovi si parla di «85 miliardi l’anno» e «3 miliardi al giorno». Il suo impegno è «fare ulteriormente sviluppare la compagnia, accrescerne efficienza e redditività, migliorare la sua organizzazione». Acquisizioni? «Non dobbiamo andare a prendere il fresco al supermercato». La compagnia «punta solo su ciò che serve». In Asia? Le Generali vogliono crescere in India e guardano al Vietnam. Ma «non ci sono proposte concrete sui mercati asiatici». Da banchiere ricorda di aver incontrato nel ’97 Gheddafi, che in quell’occasione ha negato di voler investire in Italia ma ha poi comprato il 5% del Banco di Roma guidato appunto allora da Geronzi. «I libici? I migliori azionisti che ho avuto». E aggiunge che la loro presenza in Unicredit, dove sono diventati il primo socio con il 7% circa, risale alla fusione fra Piazza Cordusio e Capitalia.

Sergio Bocconi