Ecco chi combatte, e chi invece sostiene, il piano UniMediobanca

Il Foglio

Roma. Sarà stato anche un siluro preventivo, e a testata doppia, quello lanciato da Cesare Geronzi contro le manovre e le voci su Mediobanca.

Roma. Sarà stato anche un siluro preventivo, e a testata doppia, quello lanciato da Cesare Geronzi contro le manovre e le voci su Mediobanca. Per non c'è dubbio che il presidente di Generali sia andato a colpire un bersaglio sensibile. Prima ancora che in Unicredit arrivi l'erede di Alessandro Profumo l'intera business community si affanna a scrutare che cosa deciderà Piazza Cordusio della pi strategica delle sue controllate. Smentita con vigore da Geronzi la tentazione di annettere Mediobanca alle Generali, e criticata l'ipotesi di fusione tra la banca d'affari e Unicredit, resta da decifrare il futuro di Piazzetta Cuccia che è al centro spesso a doppia via essendone a sua volta partecipata del reticolo composto dai cosiddetti salotti buoni, da Rcs a Telecom fino a Unicredit e Generali, per non ha né la consistenza patrimoniale, né forse la visione strategica, secondo alcuni osservatori, per condurre il gioco come ai tempi di Enrico Cuccia. Del resto a stabilire che le azioni si contano furono proprio, nel 2003, Profumo e Geronzi, quest'ultimo allora in Capitalia, mettendo alla porta Vincenzo Maranghi.
Ieri, sul Corriere della Sera, Massimo Mucchetti si domandava se la soluzione migliore non sia proprio la fusione Mediobanca-Unicredit. Un modello che ricalcherebbe quello Bank of AmericaMerrill Lynch, senonché la banca d'affari fu salvata dalla prima, che dovette per ricorrere al soccorso pubblico. Per l'editorialista sempre controcorrente del Corriere, Unicredit e Mediobanca sarebbero complementari, operando la prima principalmente nel retail e la seconda nel business, oltre che per la dislocazione: Mediobanca ha i suoi mercati esteri principali in Spagna, Francia e Gran Bretagna, l'Unicredit nel centro-est d'Europa. Ma Geronzi ha affermato che ognuno deve fare il suo lavoro . Non solo. Secondo la visione geronziana, in prospettiva la presa di Piazzetta Cuccia sul Leone non potrà non diluirsi, sia per normative in fieri (che potrebbero non consentire di considerare patrimonio di vigilanza una partecipazione in un gruppo assicurativo) sia per una maggiore libertà di azione e movimento di Trieste. Resterebbero comunque gli asset strategici di Piazzetta Cuccia, tra i quali spiccano sia Telecom sia Rcs (che lo diverrebbe ancora di pi in caso di svincolo da parte degli Agnelli). Ma la partecipazione principe resta quella delle Generali, che costituiscono una sponda robusta, e magari Geronzi non vuole un padrone forte quale quello che risulterebbe da Mediobanca-Unicredit, a differenza con tutta probabilità del top management della banca d'affari. Ma la teoria dello stand alone per Piazzetta Cuccia, secondo indiscrezioni finanziarie, non sembra condivisa neppure da Fabrizio Palenzona, il quale si muove adesso in distonia rispetto a Geronzi, specie dopo il defenestramento di Profumo. Il vicepresidente di Unicredit espressione della torinese Crt sembra voler giocare un ruolo pi attivo in Piazza Cordusio; compreso forse quello di dotare la prima banca italiana di una merchant bank che non sia solo una partecipazione dormiente come l'aveva concepita Profumo. La concorrenza incombe, in un mercato pi ristretto e meno garantito. E tra i concorrenti non ci sono solo i colossi stranieri: c'è anche Intesa, con le operazioni di sistema congegnate da Corrado Passera, che ieri le ha descritte e difese in una rilassata intervista al Financial Times; nonché quelle storiche su cui sovrintende Giovanni Bazoli, Corriere in testa. A prima vista, anche su questa prospettiva, le visioni di Geronzi e Bazoli possono a sorpresa combaciare.