Come e perché Geronzi ora preferisce parlare e non soltanto agire

Il Foglio

Le interviste, le critiche alle fondazioni e gli attriti con Mediobanca sui piani di riassetto della finanza

Il ruolo di De Mattia.
Venezia. Genetica e bioingegneria, oltre che economia: di questo Geronzi s’è occupato ieri nella prima riunione del consiglio generale delle Generali, riunito all’isola di San Giorgio a Venezia. Ordine del giorno che è sembrato studiato da una mente preveggente e maliziosa, visto il fallout della defenestrazione di Alessandro Profumo, nel quale il presidente del Leone si è dato l’imprevisto ruolo di esternatore. Due interviste in 24 ore -a Repubblica e Corriere della Sera - per smentire di avere avuto qualsiasi ruolo di killer, in particolare quello descritto con dovizia di teoremi da Repubblica, di complice di Silvio Berlusconi. Secondo il mai simpatizzante quotidiano debenedettiano, il duo avrebbe indotto in trappola l’ex Mr. Arrogance, con tanto di colloquio segreto tra Arcore e Palazzo Grazioli sullo sfondo delle danze berbere per Gheddafi a Roma. Il teorema repubblicano ha fatto infuriare il presidente di Generali, che in verità a favore di Profumo e della bontà degli azionisti libici aveva speso più di una parola. E che da quando è salito alla presidenza del Leone ha deciso di darsi un profilo ancor più da banchiere istituzionale e “di sistema”. Così Geronzi punta il dito non sui libici né sui tedeschi, ma sul provincialismo delle fondazioni “che si muovono come le vecchie camere di commercio”; tanto che ieri ha replicato al presidente di Cassamarca, Dino De Poli, che lo aveva criticato, ricordando i “rischi di una visione del localismo non correttamente inteso”. Nel frattempo Angelo De Mattia, l’ex segretario particolare di Antonio Fazio che Geronzi ha voluto come capo ufficio studi, non cessa di criticare le motivazioni di corto respiro del cda Unicredit e sul quotidiano Mf ha detto che la banca non può permettersi settimane di vacatio.
Ma per la comunità finanziaria, il passaggio più sensibile è però nell’intervista di Geronzi ieri al Corriere. Da un lato smentisce il teorema della fusione Generali-Mediobanca, di fatto stigmatizzando chi, anche nel top management di Piazzetta Caccia, gli attribuisce questo progetto. Dall’altro lato attacca “l’altra fantascientifica idea che riguarderebbe un’aggregazione tra Unicredit e Mediobanca”. E all’obiezione che si tratterebbe di un’aggregazione tutta bancaria a differenza di quella ibrida banco-assicurativa di Generali-Modiobanca, Geronzi ribatte con un sibillino “Lo dica a Nagel...”.
Al presidente di Generali la genetica e le biotecnologie bancarie non piacciono, le maxiaggregazioni sono “una moda in via di revisione a livello internazionale”, “e ognuno dovrebbe rafforzare il core business e coltivare le specializzazioni”. Ma Geronzi fa balenare la sensazione che una fusione Mediobanca-Unicredit non spiacerebbe proprio ad Alberto Nagel, ceo di Mediobanca e vicepresidente di Generali. Anche Nagel smentisce in modo assoluto fusioni con il gruppo Triestino: ma questo è normale, visto che Mediobanca sarebbe la preda, e non il cacciatore. Resta, invece, il sasso lanciato sull’altra commistione molecolare, quella tra Piazzetta Cuccia e Piazza Cordusio. Per non parlare di qualche malumore che Geronzi ha espresso di recente sulla volontà personale di Pagliaro - riportata in un’analisi del Corsera - su una dismissione della quota di Mediobanca detenuta in Rcs.

Un monaco a Trieste
Geronzi ha un sito Internet curato e aggiornatissimo, nel quale annota tutti i fatti e le interviste che lo riguardano, e così si racconta in terza persona: “L’attività svolta per vent’anni in Banca d’Italia gli mette addosso un saio e come succede per un monaco, se lo sentirà suo per il resto della vita”. Ma non proprio monacale è la ricostruzione, che traspare nelle ultime e sempre più frequenti interviste, che segnano una sorta di metamorfosi mediatica. Esaltata anche dal consiglio generale di ieri, in cui non s’è parlato solo di genetica: “Con i conti pubblici al sicuro, adesso la priorità è la crescita”, ha detto Geronzi in maniera sempre meno morigerata.