Bernheim dice addio. Ma resta presidente d’onore

Il Giornale

Apre l’assemblea degli azionisti, ma il discorso del presidente uscente delle Generali, l’ottantacinquenne Antoine Bernheim, è di commiato. Un addio fiume di quasi due ore, recitato a “braccio” e interrotto dagli applausi (“ma non sono una star del cinema”, dice) e dalla sua commozione, mista a un’amarezza che talvolta prende il sopravvento.

Trieste. Apre l’assemblea degli azionisti, ma il discorso del presidente uscente delle Generali, l’ottantacinquenne Antoine Bernheim, è di commiato. Un addio fiume di quasi due ore, recitato a “braccio” e interrotto dagli applausi (“ma non sono una star del cinema”, dice) e dalla sua commozione, mista a un’amarezza che talvolta prende il sopravvento. “La mia età è un pretesto, sembra che io sia rimbambito”, afferma e si paragona a Enrico Cuccia, che, negli ultimi tempi in cui, nell’ombra, teneva le redini di Mediobanca aveva 93-94 anni ed “era più vecchio di me”. Il suo è una sorta di flashback sui suoi quasi 40 anni di lavoro alle Generali, che non risparmia aneddoti, consigli e rivelazioni. Come quando spiega che l’ad Giovanni Perissinotto, nel 2002, si era accorto che, dietro la regia dell’allora governatore di Bankitalia Antonio Fazio, con cui Bernheim aveva “rapporti pessimi”, si stava preparando una scalata ostile alla compagnia, poi sventata con la complicità di un buon piano industriale. O come quando rivela che qualche anno fa, anche grazie alla sua amicizia con Tarak Ben Ammar, una cordata di investitori libici era pronta a entrare nell’azionariato attraverso una aumento di capitale riservato, ma l’operazione saltò per l’opposizione di un socio. Tuttavia, durante la conferenza stampa che ha chiuso il “Generali day”, il neo presidente, Cesare Geronzi, ha smentito che sia mai stata in ballo una simile operazione dedicata ai libici (“è stato un flatus vocis”) Quanto ai consigli, Bernheim è tornato sulla necessità di ricapitalizzare e ha auspicato un’esperienza in Russia. Se è vero che Bernheim non è una star del cinema, è altrettanto vero che per anni è stato il protagonista indiscusso sul palcoscenico delle Generali. Per questo sono nuovamente gli applausi a salutarlo, quando, mentre è ancora in corso l’assemblea e i soci si apprestano a votare il nuovo cda, con un colpo di scena si alza e se ne va. “Non mi vogliono più, me ne vado” dice ai giornalisti prima di salire in macchina e aggiunge: “Andate a intervistare le vedette del nuovo cda, non i perdenti”. Ma si tratta appunto di finzione scenica, perché, dopo poco, l’amministratore Ben Ammar lo raggiunge nella foresteria, dove i due aspettano il cda. Verso le 17 arriva la chiamata, con la proposta della presidenza onoraria, che Bernheim accetta (insieme a un ufficio a Parigi). L’assemblea procede e nomina il board composto da 19 membri, in carica fino al 2010: Geronzi, Vincent Bolloré, Alberto Nagel, Giovanni Perissinotto, Sergio Balbinot, Ana Patricia Botin, Francesco Gaetano Caltagirone, Diego Della Valle, Leonardo Del Vecchio, Petr Kellner, Angelo Miglietta, Alessandro Pedersoli, Lorenzo Pellicioli, Reinfried Pohl, Paolo Scaroni, Francesco Saverio Vinci, come espressione del primo azionista Mediobanca, cui si aggiungono Cesare Calari, Carlo Carraro e Paola Sapienza, in rappresentanza di Assogestionali. I soci hanno inoltre approvato il bilancio 2009 e il dividendo di 35 cent. La raccolta premi nel primo trimestre 2010 ha raggiunto i 20,8 miliardi (+16,2%).

Carlotta Scozzari