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Per il condominio di via Solferino28, a Milano, la giornata di lunedì 30 marzo si è presentata fin dai giorni precedenti come una di quelle, se non decisive, molto ma molto importanti anche per tutto il sistema di potere in Italia

Per il condominio di via Solferino28, a Milano, la giornata di lunedì 30 marzo si è presentata fin dai giorni precedenti come una di quelle, se non decisive, molto ma molto importanti anche per tutto il sistema di potere in Italia. A torto o a ragione il ruole dei giornali quotidiani, specialmente se si tratta della testata più autorevole del Paese, conserva ancora un peso forte nel determinare chi conti di più e di meno in una democrazia ancora non perfettamente compiuta.
Ai componenti del direttivo del sindacato di voto della casa editrice del Corriere della Sera, o appunto ai condomini di via Solferino, come li chiamano in molti per il numero elevato e per la sostanziale litigiosità che li caratterizza, visto che votano per testa e non per numero di azioni possedute, si è posto da giorni uno scenario quanto mai ostico: far finta di niente rispetto alla scelta del direttore responsabile, Paolo Mieli, di schierarsi con i 380 giornalisti della testata, ai quali ha garantito che con lui al vertice del giornale nessun licenziamento sarà effettuato, oppure recuperare, sia pure da condomini, il ruolo che spetta agli azionisti e quindi sostituire Mieli per palese insubordinazione. Nel momento nel quale la decisone presa fosse la sostituzione, chi nominare?
Per capire come gli azionisti di Rcs siano arrivati a un tale bivio conviene attenersi ai fatti. E i fatti cominciano con una colazione a casa di un influente azionista, presenti anche altre tre soci e il direttore Mieli. Con formale civiltà in quella colazione viene anticipato a Mieli che la sua stagione (la seconda) come direttore del Corriere dovrebbe dichiararla conclusa per più motivi: per la necessità di rinnovare di fronte alla crisi, doppia, del mondo dell'editoria; per il palese contrasto permanente fra lo stesso Mieli e il governo di Silvio Berlusconi; per altre ragioni meno importanti ma presenti. C'è da dire che quella colazione avveniva nello spirito di un dialogo e la presa di posizione di Mieli al fianco dei giornalisti di via Solferino non era ancora avvenuta.
Uno degli azionisti, quello di temperamento più amichevole, aveva del resto già preparato questo incontro prospettando a Mieli un incarico più tranquillo, sempre nel gruppo, in considerazione dell'età non più giovanissima e anche per rispetto ai problemi di salute, anche se brillantemente superati da tempo.
Mieli, che è persona di straordinaria raffinatezza, non si è scomposto e anzi ha mostrato apertura. Si è così passati ai nomi del successore e su tutti è emerso quello di Carlo Rossella, attuale presidente di Medusa, la casa di produzione cinematografica del gruppo Mediaset, ma con un passato giornalistico inattaccabile sia per titoli che risultati, visto che dopo aver lavorato a La Stampa con Giampaolo Pans, dopo aver fatto il redattore (da posizioni di sinistra) a Panorama, dopo esserne diventato corrispondente dagli Stati Uniti e inviato di guerra, era diventato vicedirettore del settimanale, direttore di Stampa Sera, poi direttore de La Stampa, scelto naturalmente, da Giovanni Agnelli, quindi direttore del Tg1, direttore di Panorama, direttore Tg5. Sempre con buoni risultati, specialmente alla direzione di Panorama che dopo la sua uscita ha iniziato un cammino in costante declino, salvo tentativi di recupero dell'attuale direttore, Maurizio Belpietro.
Per titoli, quindi, Rossella era inattaccabile e certo per questi titoli poteva diventare meno rilevante che provenisse dalle file del gruppo posseduto dal presidente del consiglio Berlusconi, non essendo discutibile la sua capacità di essere oggettivo rispetto al suo rapporto con il leader della politica italiana quando Agnelli lo chiamò alla direzione de La Stampa.
La colazione si è quindi chiusa con l'idea che ci fosse un candidato forte, per molti aspetti ideale. Ma sono passati pochi giorni e, con scelta di tempo perfetta, Mieli ha fatto la dichiarazione sull'intoccabilità dei giornalisti, seguita immediatamente dopo da un divertente articolo a piena prima pagina di Vittorio Feltri su Libero, dove, sia pure con rispettose parole verso Rossella, ne veniva rivelata la candidatura e descritta la sostanziale immobilità dello stesso sulle posizioni berlusconiane, peraltro sottolineando con una punta di compiacimento le doti ben note di resistenza di Mieli.
Chi vuole leggere dietro le mosse sulla scacchiera del potere come un disegno ben preciso maligna naturalmente che l'agevolatore dell'articolo di Feltri sia stato lo stesso Mieli, con cui esiste da tempo una solida amicizia. Ma appunto di malignità si tratta, conoscendo bene lo spirito dello stesso Feltri.
Sta di fatto che quell'articolo ha immediatamente provocato la reazione negativa verso Rossella di alcuni azionisti autorevoli di Rcs, come il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli. A questo primo stormir di fronde, anche il favore entusiastico verso Rossella del presidente della Fiat, Luca Cordero di Montezemolo, ha immediatamente cambiato segno, essendosi egli posto come una sorta di mediatore fra le due ali. E il presidente della Fiat ha fatto presente nei numerosi colloqui che se si fosse deciso definitivamente di sostituire Mieli,  a lui legato da amicizia come lo stesso Rossella, allora il candidato avrebbe potuto essere l'attuale presidente di Medusa, rispetto al quale, tuttavia, non si poteva negare il peso della provenienza dal gruppo Mediaset.
Questa linea mediatrice assunta da Montezemolo ha generato un disallineamento con Diego Della Valle, l'azionista diretto (cioè non attraverso società quotate) con la quota più importante all'interno del sindacato di controllo e di voto di Rcs. Tutti sanno della grande amicizia fra Montezemolo e Della Valle, ma di fronte alla posizione mediane del presidente della Fiat, il creatore di Tod's ha sostenuto nei colloqui con gli altri azionisti che il tema era mal posto e che la scelta era stata di nominare Rossella come direttore ideale e di conseguenza chiedere a Mieli di lasciare la carica, mentre ora la candidatura di Rossella era subordinata alla decisione se rinunciare o meno a Mieli.
Su una posizione più istituzionale e formale si sono posti gli altri azionisti, con in prima fila il presidente di Mediobanca Cesare Geronzi, maggior azionista all'interno del patto di sindacato, visto che il maggior azionista in assoluto, Giuseppe Rotelli, re delle cliniche milanesi, è fuori dal patto pur avendo oltre l'11%. La posizione istituzionale consiste nel sosteneree che la presa di posizione di Mieli a favore dei giornalisti impone in ogni caso la sua sostituzione.
Come si comprende, a questo punto il caos è diventato dominante, facendo presumere che la previsione di Feltri sulla capacità di resistenza di Mieli potesse anche essere vincente.
Nell'impasse sono cominciate a fiorire le candidature alternativa a Rossella, come quella di Roberto Napoletano, attuale direttore de Il Messaggero, descritto come gradito a Berlusconi, ma il direttore ricorderà che tre settimane fa su queste colonne era stata data notizia che assieme alla candidatura a presidente della Rai un serissimo candidato alla direzione del Corriere della Sera era Ferruccio De Bortoli, attuale direttore del Sole 24 Ore. Per lui il Corriere sarebbe un ritorno, come già avvenuto del resto per Mieli.
Molti si sono meravigliati quando De Bortoli, dopo aver detto sì alla candidatura alla presidenza della Rai, si è improvvisamente ritirato. Ora la sua forte candidatura a ritornare a fare il direttore del Corriere spiega in realtà che cosa è successo.
Grande sponsor di De Bortoli, la cui professionalità è indiscutibile, è Bruno Ermolli, il più lucido dei consulenti di Berlusconi. Il che spiega anche la sua candidatura alla presidenza della Rai, la cui designazione spetta all'opposizione ma per la quale è indispensabile di fatto il consenso della maggioranza e cioè del presidente Berlusconi.
Il presidente Berlusconi tuttavia in questi giorni ha continuato a garantire il suo sostegno a Rossella, confermando che la direzione del Corriere della Sera non può essere, come mai lo è stata, soltanto una vicenda riservata agli azionisti della casa editrice.
Lo scenario di fronte ai membri del direttivo del patto di sindacato per la riunione di lunedì 30, come si vede, è veramente confuso, con una serie di posizioni che non appaiono per la prima volta consolidate in una linea comune, anche se solo sul piano formale.
Qualunque sia l'esito, tuttavia una certezza c'è: dalla prossima assemblea il patto di sindacato-condominio dovrà tener conto della presenza negli organi sociali di un consigliere e del presidente del collegio sindacale di nomina dell'azionista Rotelli. Un soggetto non omologo al gruppo di quegli azionisti che finora non sono riusciti a esprimere una capacità  gestionale della maggiore casa editrice. Un soggetto, Rotelli, che appare deciso a impegnarsi in prima persona nella gestione. Probabilmente sarà una vocazione che rimarrà tale. Ma sicuramente non è solo con l'evnetuale cambiamento del direttore del maggior quotidiano che può essere rincondotta la casa editrice a una efficienza gestionale oggi, ancor più indispensabile anche di fronte al forte indebitamento (ben oltre un miliardo) della società, definito pericoloso dagli analisti, nonostante lo sforzo di coordinamento del presidente Piergaetano Marchetti.
Molti analisti, ma anche  alcuni azionisti, ritengono inevitabile un aumento di capitale che potrebbe anche cambiare le carte in tavola.
Di certo lo spettacolo a cui si sta assistendo non è dei più edificanti, specialmente per chi crede che le case editrici e i giornali dovrebbero avere come unico scopo, oltre quello di un legittimo profitto, di  perseguire l'interesse dei lettori e degli utenti, garantendo alle testate il ruolo di cane da guardia del sistema e non di sostegno di questo o quella parte politica o di potere. Controprova di ciò è che chi in politica gradisce la sostituzione di Mieli fa riferimento alla scelta, non felice, dello stesso direttore di schierare il giornale a sostegno del centro-sinistra in occasione delle penultime elezioni che video la vittorio di Romano Prodi. Un vero e proprio boomerang.

Paolo Panerai