Libici in Italia, Mediobanca farà da guida

Il Messaggero

Interesse per banche e società energetiche e di infrastrutture. Il dossier Eni

La Libia stringe i tempi per rafforzare la propria presenza nelle banche, industrie petrolifere, tlc, energetiche dove sarà seguita da Mediobanca. Tra gli obiettivi prioritari ci sarebbe l'Eni, dove i libici hanno investito finora circa, 50 milioni manifestando per iscritto l'interesse a crescere fino al 5-10%. Ieri pomeriggio una delegazione del governo di Gheddafi capitanata dal ministro del planning (programmazione) Abdulhafid Zìitni e comprendente l'ad. della Lybian Investment Authority (Lia) Mohammed Layas e l'ambasciatore in Italia Hafed Gaddur si è incontrata a palazzo Grazioli con Silvio Berlusconi. Erano presenti il sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta, il ministro dell'economia Giulio Tremonti, il presidente di Mediobanca Cesare Geronzi accompagnato dal consigliere delegato ALberto Nagel e dal finanziere Tarak Ben Ammar, consigliere di piazzetta Cuccia. In mattinata gli esponenti libici erano stati ricevuti da Geronzi e Nagel presso la sede romana della banca d'affari per un incontro operativo. In serata poi, una grande cena presso l'hotle Parco dei Principi con la presenza delle massime autorità governative incontrate poche ore prima, di esponenti del mondo finanziario e anche dell'amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profiimo, giunto nella capitale con l'aereo privato del consigliere Salvatore Ligresti insieme al vicepresidente Fabrizio Palenzona. Ligresti sarebbe stato regista in ottobre dell'ingresso della banca centrale  libica e della Lia nel capitale di Unicredit dove hanno i1 4.9% e si sono impegnati a garantire circa 750 milioni della rete di bond cashes a copertura dell'aumento di capitale, organizzata da Mediobanca. La Libia quasi certamente nominerà anche uno dei vicepresidenti nel nuovo cda della banca milanese; sarà Fathat Ornar Bengdara, governatore della Central bank Lybia presente anchee lui alla cena. I libici sono arrivati in Italia «per dare concretezza allo storico accordo siglato in agosto» e Mediobanca sarà «banca-guida», ha spiegato Ben Ammar a Radiocor a proposito del significato della missione: la banca d'affari consiglierà i clienti a investire "nei modi giusti". Tra Mediobanca e il mondo libico c'è un feeling che parte da molto lontano: nel '97 Geronzi fu l'artefice dell'ingresso nella Fiatnel capitale di Banca di Roma col 3%. E da allora la finanziaria libica è stata nel gruppo romano divenuto Capitalia, accanto alla Fininvest di Silvio Berlusconi, fino alla fusione con Unicredit del 2007. "Non si è parlato di operazioni specifiche, ne del sistema bancario, ne di nessuna azienda italiana", ha continuato Ben Amrnar cercando di non scoprire troppo le carte. La delegazione mediorientale, "è stata molto impressionata dall'illustrazione di Tremonti sulla «buona salute dell'economia e della finanza".
L'accordo di fine agosto tra Berlusconi e Gheddafi è stato ratificato la scorsa settimana dal pariamento italiano. Il 3 marzo toccherà all'Assemblea popolare libica. "La Libia" ha proseguito Ben Ammar che ha buoni rapporti col medioriente visto che lo scorso anno aveva allacciato i rapporti fra la Libia e Telecom, "considera l'Italia prioritaria dove potrebbe destinare circa il 90% degli investimenti esteri". La Libia potrebbbe girare una liquidità comprendente i 7 miliardi ritirati dalla Svizzera. L'investimento più corposo fatto è sicuramente in Unicredit (oltre un miliardo di capitale più i 750 milioni di cashes), che si aggiunge alle partecipazioni nella Tamoil, Juventus. Ma nel mirino ci sono altre banche - fonti bene informate non escludono possa mettere un cip in Mediobanca - e l'industria petrolifera. Quindi l'Eni, la più profittevole società industriale italiana che vanta rapporti antichi con Gheddafi. Il governo italiano ai primi di dicembre aveva reso noto una manifestazione di interessa ricevuta dalla Lybian Energy Fund per entrare nel capitale, "compabilmente con le condizioni di mercato" e a patto che "non vi siano obiezioni delle autorità italiane." I libici punterebbero a un'operazione almeno in due tempi: prima il 5% per salire al 10% e diventare secondo azionista dietro lo stato che, tramite il ministero dell'economia, esercita una serie di poteri speciali nella governance del cane a sei zampe guidato da Paolo Scaroni. Ai valori correnti in borsa - ieri l'Eni capitalizzava 67,370 milioni di euro - il 5% costa circa 3,4 miliardi. E potrebbe spuntare un posto in cda. Ma il paese di Gheddafi potrebbe riprendere l'interesse su Telecom con cui ci sono stati contatti dala scorsa estate per alcuni mesi, ma anche su Terna e Impregilo. E l'ambasciatore Gaddur, pochi giorni dopo l'ingresso in Unicredit, inserì anche le Generali nella lista degli obiettivi.