Crack Italcase, big assolti al processo d'appello

Il Sole 24 Ore

Ribaltate a Brescia le condanne per bancarotta in primo grado. Prosciolti Geronzi, Colaninno e Marcegaglia

Scendono da 60 a 13 le condanne per il crack da 600 milioni di euro del gruppo turistico Bagaglino: nella sentenza di secondo grado sono stati prosciolti, tra gli altri, l'imprenditore Steno Marcecaglia, il presidente di Cai-Alitalia, Immsi e Piaggio Roberto Colaninno, il presidente di Mediobanca Cesare Geronzi, l'amministratore delegato della Popolare di Vicenza Divo Gronchi, l'ex presidente della Banca Agricola Mantovana (Bam) Pier Maria Pacchioni e l'ex consigliere Ettore Lonati, l'ex vicepresidente di Unipol Ivano Sacchetti e l'ex presidente di Mps Pier Luigi Fabrizi. Di fatto è scattata l'assoluzione per tutti i consiglieri delle banche creditrici di Italcase-Bagaglino, accusati inizialmente di bancarotta preferenziale e semplice. La motivazione è che "il fatto non sussiste" nel primo caso e "per non aver commesso il fatto" nel secondo. Colaninno e Marcegaglia erano stati condannati a quattro anni e un mese mentre Geronzi e Gronchi a un anno e otto mesi. "Finalmente è stata fatta giustizia" ha commentato il professore Francesco Vassalli, difensore di Geronzi. Mentre l'avvocato di Colaninno Cesare Zaccone ha osservato che "era chiaro fin dall'inizio che amministratori senza delega non dovevano rispondere di quei fatti. La corte lo ha riconosciuto".
L'appello del processo  per il fallimento del tour operator bresciano fondato da Mario Bertelli ha dunque ribaltato in buona parte l'esito del primo grado, soprattutto per quanto riguarda il ceto bancario, sebbene il pm Silvia Bonardi avesse chiesto per tutti la conferma della sentenza. Confermata la condanna, invece, per Mario Bertelli: il patron del gruppo dovrà scontare a 8 anni e 15 giorni (ma la pena è stata abbassata rispetto ai 13 anni del primo grado); il fratello Giancarlo 3 anni e 6 mesi (stessa pena per Giovanni Marrosu). Riduzioni anche per gli altri condannati: 3 anni e 15 giorni per Cesare Bianchi; tre anni per Roberto Checconi, Pietro Dessole, Ottone Radicati di Bronzolo, Mauro Giacomello e Alessandro Gironi; un anno per Carlo Maria Colombo; 3 anni per Ottone Radicati di Bronzolo; 3 anni e 15 giorni per Angelo Soldo e infine 3 anni, 8 mesi e 15 giorni per Battista Trioni. Il testo completo della sentenza sarà reso noto tra 70 giorni.
La sentenza di secondo grado è arrivata dopo oltre due anni dal giudizio ordinario: era il 7 dicembre del 2006 e accogliendo la tesi accusatoria del pm Silvia Bonardi, il giudice aveva condannato, con pene superiori alle stesse richieste dal magistrato, tutti gli imputati del crack per un totale di 200 anni di reclusione. All'epoca era scattata l'immediata sospensione di Geronzi, allora presidente di Capitalia e vicepresidente di Mediobanca, così come quella di Colaninno, che tre anni fa era consigliere della banca romana poi fusa in UniCredit. I due manager erano poi stati reintegrati nei rispettivi cda (Capitalia e Mediobanca per Geronzi; Immsi e Mediobanca per Colaninno).
Quello del dissesto del Bagaglino è un caso giudiziario che si trascina ormai dal 2000, quando lo stesso tribunale del capoluogo lombardo dichiarò il fallimento del gruppo turistico bresciano con un passivo di 600 milioni di euro. Secondo l'accusa, nel 1998 la Banca Nazionale dell'Agricoltura, Banca di Roma e la Banca Agricola Mantovana, pur in presenza di un conclamato stato di insolvenza, avrebbero continuato a finanziare il gruppo, provocando l'aggravamento e il dissesto. Uno schema già riscontrato, secondo la tesi dell'accusa dell'epoca, anche nei casi Cirio e Parmalat con le banche mosse dalla duplice finalità di estinguere i debiti pregressi e di dotarsi di adeguate garanzie in caso di fallimento del debitore. Per il Bagaglino quelle garanzie erano rappresentate dalle ipoteche immobiliari che avevano toccato il 408% delle somme erogate.

S. Fi.