Ecco la nuova veste di Mediobanca

BancaFinanza

Corporate e retail sono i due principali comparti sui quali si incentra la riorganizzazione della banca d'affari milanese. E il management...

Il processo di trasformazione di Mediobanca, iniziato nell'estate del 2000 con la scomparsa del suo fondatore, Enrico Cuccia, è durato otto anni. Si è concluso solo ora, nell'ottobre di quest'anno, con l'assemblea che ha modificato lo statuto della banca d'affari, sancendo il ritorno all'antico. In realtà l'"antico" di cui si parla non è altro che la nuova forma, necessaria, di un assetto passato, ma a cui si arriva dopo una lunga e travagliata trasformazione. In altri termini si torna al consiglio d'amministrazione unico, in tandem con il collegio sindacale, dopo aver abbandonato il sistema dualistico del doppio consiglio, di sorveglianza e di gestione.

OTTO ANNI DI EVOLUZIONE
Ma il percorso era appunto partito nel 2000, quando l'amministratore delegato Vincenzo Maranghi restò solo al comando, scomparso Cuccia, presidente onorario ma quasi fino all'ultimo unico e vero dominus dell'istituto milanese. Maranghi non riesce, però,a mantenere l'armonia tra i molti soci di Mediobanca, soprattutto in relazione alle sorti delle Generali, gioiello che Cuccia aveva nel tempo assicurato al suo controllo. E tre anni dopo, nel 2003, il dissenso esplode addirittura in una scalata alla compagnia triestina, effettuata dalle grandi banche, per cacciare Maranghi. Il risultato è la nascita di un nuovo gruppo dirigente: uscito Maranghi, alla guida operativa salgono due manager nati e cresciuti in via Filodrammatici, che prendono le redini della direzione generale: Alberto Nagel e Renato Pagliaro. Mentre alla presidenza sale un uomo Fiat, Gabriele Galateri. E' una rivoluzione ma anche un oggettivo "alleggerimento" del pacchetto di governo dell'unica banca d'affari del Paese. Ma è nell'aria un passaggio ulteriore, che avviene a metà 2007, quando Unicredit e Capitalia, primo e secondo socio di Mediobanca, si fondono. E Cesare Geronzi, presidente di Capitalia, cede la sua creatura venendo nel contempo acclamato da tutti i soci al vertice della stessa Mediobanca. Che però decide di dotarsi di un sistema duale di governance, riservando al consiglio di sorveglianza compiti di controllo e di rappresentanza diretta dei soci, e a quello di gestione i poteri operativi, con l'ingresso di soli manager. Geronzi assume la presidenza del consiglio di sorveglianza, Pagliaro quella del consiglio di gestione, con Nagel nel ruolo di amministratore delegato. Ma anche questo è un passaggio. Che dura solo un anno, fino a questa estate, quando si prepara il ritorno al cda tradizionale.Geronzi ne sarà il presidente, forte, e Nagel l'amministratore delegato, nella riproposizione di una coppia di peso nel governo societario, come ai tempi lo fu quella Cuccia-Maranghi (ancorchè Cuccia non abbia mai ricoperto la carica di presidente). E il cerchio si è chiuso.

CORPORATE E RETAIL
Ma Mediobanca, che riparte da questo punto, antico e moderno al tempo stesso, presenta non poche differenze con il passato. Nello schema originale, Mediobanca era organizzata su tre pilastri, a servizi: le partecipazioni, il finanziario e i crediti con il supporto della tesoreria. Oggi si presenta con due principali segmenti: il primo dedicato ai servizi corporate-imprese, il secondo a quelli retail, che nel tempo si è assai sviluppato. Nel primo comparto sono compresi sia i servizi propri della investment bank (capital markets, credito, advisory), sia quelli di investimento puri (private equity, partecipazioni). Il retail comprende credito la consumo, private banking e banca commerciale. Il modello C mediato da quello della banca d'affari pura, quale per esempio Goldman Sachs, e si differenzia dal recente passato per aver accorpato nel settore corporate sia l'investment banking, sia il merchant banking, sia le partecipazioni. In particolare in quest'ultimo comparto, che è quello che rende Mediobanca unica, è stato sancito per la prima volta nero su bianco che le partecipazioni strategiche sono tre: il 14,5% delle Generali, il 13,9% di Rcs-Corriere della Sera, e il 10,6% di Telco (la holding che ha in cassa il 24,5% di Telecom). Solo queste tre partecipazioni valevano, dopo il crollo dei mercati e la correzione di metà ottobre, 9 miliardi, a fronte di una capitalizzazione di Mediobanca di 7,5. Mentre nel retail il nuovo assetto completa la gamma dei rapporti con i clienti privati. E rafforza la possibilità di presa diretta sulla liquidità, che fino a ieri era limitata alle emissioni obbligazionarie collocate attraverso le banche commerciali azioniste. Ora invece, soprattutto con il lancio di CheBanca!, l'istituto si è dotato di un canale diretto, di nove sportelli iniziali, destinati a divenire 110 nel giro dei prossimi tre anni.

GLI UOMINI E LA GOVERNANCE
La poltrona che fu di Cuccia, come spesso viene evocata nelle cronache finanziarie, non è quella di presidente, ma quella di amministratore delegato. Rimasta vacante dopo l'uscita di Maranghi, e svuotata un pò delle sue piene prerogative nella breve era del duale, ora torna a essere occupata: da Nagel, classe 1964. Mentre il direttore generale sarà Pagliaro. Il consiglio d'amministrazione (di 22 membri) sarà l'organo societario chiave nella gestione, con particolare riferimento alle operazioni su partecipazioni (movimentazioni superiori al 15% di quelle strategiche, e per valori superiori a 500 milioni in ogni caso), nonchè agli interventi creditizi di importi rilevanti. Il consiglio delibera su proposta del comitato esecutivo (9 membri), organo che insieme con l'amministratore delegato e il direttore generale compone le leve operative di Mediobanca. La novità è che sia nell'esecutivo, sia nel cda saranno presenti i cinque manager operativi del gruppo: oltre a Nagel e Pagliaro (che è anche vicepresidente dell'esecutivo), sono i tre vicedirettori generali Maurizio Cereda, Massimo Di Carlo, e Saverio Vinci. La governance è completata dai comitati nomine (per decidere sui board delle partecipate, dove siedono presidente, amministratore delegato, direttore generale e i tre consiglieri), remunerazioni e controllo interno. I vice di Pagliaro, nel modello di business di Mediobanca, seguono trasversalmente molti compiti. Ma si può dire che a ciascuno dei tre faccia capo la responsabilità di una delle altrettante aree del corporate and investment banking: l'attività creditizia a Di Carlo, il capital market a Vinci e l'advisory a Cereda. Sotto a loro le nuove leve di manager che, c'è da scommetterci, verranno alla luce nei prossimi mesi.