Mediobanca ricorda Cuccia. Riuniti i big della finanza

Nazione - Carlino - Giorno

Milano, il suo studio trasformato in una biblioteca. Inflessibile. Fece depositare all'avvocato Agnelli il pacchetto Fiat a garanzia di un aiuto

Impegnato solo a salvaguardare le vecchie dinastie di imprenditori, anche - e soprattutto - quelle piene di incapaci e prive di soldi? No, impegnato a sostenere le imprese, la loro stabilità societaria, premessa indispensabile al loro sviluppo. La storia, sottolinea l'ex ministro Antonio Maccanico, ha fatto giustizia del logoro stereotipo che ha accompagnato Enrico Cuccia per tutta la sua lunghissima vita (nato nel 1907, giusto 100 anni fa, è morto nel 2000). Quello, appunto, di un banchiere pronto a utilizzare Mediobanca - l'istituto di credito a medio termine ideato assieme al patron della Comit, Raffaele Mattioli, e che lui ha guidato, seppur con incarichi diversi, dal '47 fin alla sua morte, nel 2000 - per puntellare le fantasiose architetture finanziarie con le quali permetteva a certi 'nobili decaduti' di controllare con quattro soldi grandi gruppi industriali.
Niente di tutto questo, perché lui aveva a cuore le imprese, non gli imprenditori ai quali riservava trattamenti duri, spesso feroci. Anche a quelli più famosi e ritenuti a lui più vicini, come l'avvocato Agnelli al quale impose di depositare il pacchetto di controllo della Fiat a garanzia dell'aiuto avuto da Mediobanca. Montedison, la 'creatura' che più lo impegnò, non se la cavò meglio, mentre per Carlo Pesenti inventò una forma di prestito mai vista, né prima, né dopo. All'industriale bergamasco, alle prese con la crisi della sua (allora) Lancia, impose di consegnargli i libretti di circolazione delle auto già pronte: li restituiva quando la vettura veniva venduta e l'incasso serviva per rimborsare il prestito a rate. Bizzarrie d'alta finanza? No perché il punto centrale dell'azione di Cuccia è la sua capacità di sostenere le imprese, evitarne la caduta e il loro ricovero in quel lazzaretto che, dagli anni '60 in poi, era diventato l'Iri.
TESTIMONE è lo stesso figlio di Carlo, Giampiero Pesenti che ieri, alla presentazione della raccolta delle relazioni ai bilanci Mediobanca, scritte da Cuccia dal '47 all'82, ha ricordato il ruolo fondamentale svolto dall'istituto di via Filodrammatici (oggi Piazzetta Cuccia) nel riassetto del gruppo: vendita della Franco Tosi, espansione in Francia nel core business del cemento, così da entrare tra i primi 5 gruppi mondiali. Mediobanca trasformerà lo studio che fu di Cuccia in una biblioteca con la collezione affidatale dagli eredi di Ariberto Mignoli, storico presidente del patto.
«Enrico Cuccia ha svolto un ruolo di primissimo piano nel mondo dell'economia - ha scritto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel messaggio letto dal presidente di Mediobanca, Cesare Geronzi - Fin dalla fondazione di Mediobanca in anni cruciali per la ricostruzione del nostro Paese egli dedicò, con assoluta fedeltà al lavoro e lo stile rigoroso che lo contraddistinguevano, la sua attività all'istituto». Rigoroso al punto da farne una religione che - racconta Umberto Veronesi, patron dell'istituto europeo di oncologia,  realizzato grazie a Cuccia - teneva ben distinta dalla sua fede cattolica. Eppur capace di durezze. «Colleghi, è scomparso un grande italiano», disse Giuliano Amato, annunciandone la morte al consiglio dei ministri il 23 giugno 2000.