La Malfa: "Questa Italia però non gli piaceva"

Nazione - Carlino - Giorno

Parterre des rois ieri nella sala delle Cariatidi del Palazzo Reale di Milano. Oltre a coloro che hanno tracciato il profilo del banchiere Enrico Cuccia - Cesare Geronzi, Renato Pagliaro, Alberto Nagel, e ancora gli amici Giorgio La Malfa, Giampiero Pesenti, Antonio Maccanico e Umberto Veronesi

Parterre des rois ieri nella sala delle Cariatidi del Palazzo Reale di Milano. Oltre a coloro che hanno tracciato il profilo del banchiere Enrico Cuccia - Cesare Geronzi, Renato Pagliaro, Alberto Nagel,  e ancora gli amici Giorgio La Malfa, Giampiero Pesenti, Antonio Maccanico e Umberto Veronesi - in platea erano presenti, tra gli altri, anche Gabriele Galateri di Genola, neo presidente Telecom, Marco Tronchetti Provera, presidente Pirelli, l'editore Andrea Riffeser Monti, il direttore del QN Giancarlo Mazzuca, il numero uno di Mediolanum Ennio Doris, il finanziere Salvatore Ligresti accompagnato dalle figlie Jonella e Giulia Maria.
Ma facciamo un passo indietro, a venticinque anni fa. "Nella stessa riunione il consiglio ha preso atto delle dimissioni da direttore generale del signor Enrico Cuccia...".
Non una parola, un aggettivo in più per annunciare, nella relazione al bilancio 1982, che Enrico Cuccia, fondatore e per 35 anni guida indiscussa di Mediobanca, si dimetteva da direttore generale e ad dell'istituto. O meglio, era costretto a dimettersi perché Nino Andreatta, allora ministro del Tesoro, non vedeva l'ora di toglierlo di torno. Cuccia ha 75 anni, dieci in più del limite massimo fissato dall'Iri per gli amministratori delegati delle sue società. E Mediobanca lo è, essendo controllata dalle tre bin: Comit, Credit, Bancoroma. Romano Prodi, l'allievo che Andreatta ha voluto al vertice dell'Iri, farà rispettare la regola. Cuccia diventa un semplice consigliere, poi presidente onorario e, come ci anticipò il suo delfino Vincenzo Maranghi in quei giorni, non cambia niente. Mediobanca è Cuccia, ma Cuccia non è solo Mediobanca.
Allievo di quel gruppo di "eretici" liberali di estrazione nittiana che rappresentavano un pò la scuola keynesiana italiana, Cuccia matura un preciso senso dello Stato che, come ha ricordato l'ex ministro Antonio Maccanico, lo ha spinto a opporsi alle speculazioni valutarie condotte in Africa dal clan del maresciallo Graziani. È in questa occasione che conosce Adolfo Tino e Ugo La Malfa, i futuri fondatori del Partito d'Azione che resteranno i suoi punti di riferimento e che contribuirono a fargli maturare una coscienza antifascista. "Questa Italia non gli piaceva", ha concluso Giorgio La Malfa.