Geronzi: «Superbanca con Roma nel cuore»

Il Messaggero

Geronzi: scelta strategica con la Capitale nel cuore

«Una scelta strategica fatta per il bene del Paese, nel suo esclusivo interesse. Una scelta che travalica le persone». Cesare Geronzi sorride. Camicia bianca e cravatta scura. È disteso. Per lui è un giorno importante: quello della maxi-fusione sull'asse Milano-Roma, della nascita del colosso Unicredit-Capitalia, voluto proprio dal banchiere romano e da Alessandro Profumo.
Un altro battesimo, dopo la "nascita" negli anni '90 della prima aggregazione tra Cassa di Risparmio di Roma e il Banco di Santo Spirito, quello della stessa Cassa con il Banco di Roma, e poi la Banca di Roma, l'integrazione con il Mediocredito Centrale, il Banco di Sicilia e infine la Bipop. Uno sprint progressivo. Dalla "foresta pietrificata" del credito al decollo della seconda banca europea, la sesta al mondo. Geronzi è soddisfatto, nessuna tensione, certamente tanta fatica dopo il tour de force dei consigli di amministrazione e gli incontri istituzionali per illustrare il progetto, mettere a punti gli ultimi dettagli.
In questa intervista al Messaggero - dopo l'ok finale dei cda - fa il punto. E dice con orgoglio: «È il sigillo finale alla riorganizzazione del sistema bancario, con la più importante operazione mai fatta in Italia. Una operazione che ho fortemente voluto e che mette al centro Roma e che pone le basi per uno sviluppo e una crescita ulteriore all'estero».
Con la fusione Roma e la sua economia non rischiano di essere messe in secondo piano. Serve un garante, come lei presidente, per mantenere certi equilibri....
«No, non serve un garante. Sono le istituzioni, il tessuto economico, la vitalità dell'economia romana e del Centro Sud ad essere i catalizzatori dell'attenzione di una grande banca. E poi le persone passano. Per una economia come quella della nostra regione — che cresce il doppio del Pil nazionale — serve un gruppo, come quello che nasce da Unicredit-Capitalia, che supporta le imprese, con efficienza e rapidità di risposte».
In questo quadro la nuova Banca di Roma si rafforza?
«Certamente. Avrà circa 500 sportelli in più dalla Toscana alla Calabria. Ci sarà la capacità di dare maggiori servizi e di rispondere alle esigenze di un territorio in forte crescita sia sul fronte industriale che su quello dei servizi. Risponderà meglio anche alle esigenze degli enti locali».
La Capitale resta dunque al centro...
«E non potrebbe essere diversamente vista la concentrazione di grandi e medie imprese, di poli tecnologici d'eccellenza. La Capitale avrà come punto di riferimento un nuovo gruppo più attrezzato per rispondere alla domanda di credito, per favorire ancora di più la crescita. E poi a Roma ci sarà la sede legale, i vantaggi fiscali».
E le osservazioni del sindaco Veltroni?
«Non vedo nessun rischio».
Torniamo alla nascita del "colosso". L'accelerazione degli ultimi giorni è dovuta all'arrivo sulla scena degli spagnoli, al rischio di un opa?
«No. L'accelerazione è dovuta ad una valutazione semplice: che la cosa andava fatta subito. Io e Profumo eravamo convinti che fosse arrivato il momento giusto. Per cui lo abbiamo fatto. Punto».
Quando avete chiuso?
«Venerdì».
Ma ci può svelare quando i contatti sono partiti?
«Il 7 febbraio dissi che per tre mesi non sarebbe successo nulla e che poi qualcosa sarebbe accaduto. Come vede...».
Nodo partecipazioni in eccesso della nuova banca. Equilibri a rischio in Mediobanca, Generali e Rcs? Avete quote pesanti...
«No. Le partecipazioni in Generali sono in via di dismisssione, sia noi che Unicredit abbiamo già preso una decisione e andremo avanti. Forse verranno anche accorciati i tempi. Non ci sono problemi».
Ma i timori del presidente delle Generali, Antoine Bernheim, la concentrazione di potere con tutte queste partecipazioni pesanti che sono in pancia alla nuova banca...
«Sono solo dei fantasmi evocati a sproposito. Gli equilibri saranno mantenuti. Non ci deve essere nessun timore da parte di nessuno. Condivido l'opinione di Bernheim sulla difesa dell'italianità delle Generali. Che ora deve crescere».
Cambiamo argomento. Banca Intesa ha perso una occasione non andando a nozze con voi:
«Ha fatto una operazione più importante con il San Paolo».
Loro hanno scelto la governance duale, voi no...
«Per loro era una necessità, per noi va bene quella tradizionale».
Che poi è un modello di governance che piace anche alla Banca d'Italia. A proposito: l'ex governatore Antonio Fazio avrebbe approvato la fusione Roma-Milano?
«Non lo possiamo dire. Oggi, probabilmente, c'erano i tempi per farlo. Certe condizioni. Del resto in tutta Europa è in corso un poderoso processo di aggregazione. Basti pensare alla battaglia per Abn Amro, ma anche alle aggregazioni tra le Popolari».
A questo proposito. Rafforzata la posizione in Italia, adesso il nuovo gruppo dove guarderà? Ci saranno altre acquisizioni? Pensate alla Francia?
«Unicredit-Capitalia sarà la seconda banca in Europa, la sesta nella classifica mondiale. Sarà obiettivamente difficile aggredirla. Non escludo quindi che la banca possa rafforzare la propria posizione in Europa, con ulteriori operazioni, consolidando così la sua presenza che è già importante».
Si è parlato di un suo ruolo in Mediobanca come presidente del Consiglio di sorveglianza e di una presunta incompatibilità con quello di vicepresidente di Unicredit-Capitalia...
«Non ci sono incompatibilità. Vorrei solo sottolineare che nella mia storia non ho mai occupato più di una posizione; l'opzione per ora non si pone. Poi in futuro si vedrà».