La finanza si ritrova per ricordare Cuccia

L'Unità

Un grande banchiere, ma anche un umanista, un uomo di finanza con un forte impegno civile. Amarcord del salotto buono della finanza per ricordare Enrico Cuccia nel centenario dalla nascita

Un grande banchiere, ma anche un umanista, un uomo di finanza con un forte impegno civile. Amarcord del salotto buono della finanza per ricordare Enrico Cuccia nel centenario dalla nascita e in occasione della presentazione del volume che raccoglie le relazioni di bilancio di Mediobanca, scritte da lui personalmente nei trentasei anni in cui fu amministratore delegato e direttore generale, tra il 1947 e il 1982.
Un legame indissolubile, quello tra il banchiere e la sua creatura, che Mediobanca consacrerà anche trasformando lo studio che fu di Cuccia per oltre cinquant'anni in una biblioteca con la collezione affidatale dagli eredi di Ariberto Mignoli, storico presidente del patto.
Alla cerimonia viene letto anche il testo-tributo inviato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: l'attività di Enrico Cuccia, dice, «ha dato un importante contributo alla vita economica del nostro Paese», e nella sua missione di contribuire «alla crescita delle imprese italiane in condizioni di equilibrio finanziario» ha prodigato «le sue alte capacità e competenze professionali».
«Cuccia ha svolto un molo di primissimo piano - sempre parole di Napolitano - . Fin dalla fondazione di Mediobanca in anni cruciali per la ricostruzione e l'ammodernamento del nostro Paese, egli dedicò con l'assoluta fedeltà al lavoro e lo stile rigoroso che lo contraddistinguevano la sua attività all'istituto».
«Una persona a cui tutti dobbiamo qualcosa», come ha detto il presidente del consiglio di sorveglianza Cesare Geronzi. Mentre nella raccolta delle sue relazioni emerge come «indiscussa protagonista» l'impresa italiana, secondo il presidente del consiglio di gestione Renato Pagliaro e nella quale si «riflette soprattutto la storia imprenditoriale del Paese».
Non a caso Napolitano ha voluto ricordare proprio l'importante «missione originaria di Mediobanca» che «fu quella di contribuire, raccordando il risparmio al finanziamento degli investimenti, alla crescita delle imprese italiane». Cuccia «ha prodigato in questo compito le sue alte capacità e competenze professionali, con quella consapevolezza delle responsabilità generali delle istituzioni flnanziarie che lo accomunava ad altri protagonisti delle vicende italiane legati all'esperienza nella Banca commerciale italiana di Raffaele Mattioli».
Giorgio La Malfa è intervenuto ricordando tra l'altro come l'azione di Cuccia sia stata improntata all'«affermazione della totale autonomia», segnalando un «vivace colloquio» con Raffaele Mattioli per un prestito che l'istituto non voleva concedere: «Meglio verdi di rabbia per un buon affare non fatto che rossi di vergogna per essere entranti in un affare da non farsi, diceva Cuccia», secondo il ricordo di La Malfa. Sono poi intervenuti il senatore Antonio Maccanico e Umberto Veronesi.
Tra il pubblico di Palazzo Reale di Milano erano presenti tra gli altri anche il neo presidente Telecom e già presidente Mediobanca, Gabriele Galateri di Genola, e il presidente di Rcs MediaGroup Piergaetano Marchetti, per qualche anno a sua volta presidente del Patto Mediobanca. E poi, il presidente Pirelli Marco Tronchetti Provera, il presidente di Cir e Cofide Carlo De Benedetti («è noto che sovente ho avuto qualche disaccordo con lui; per l'epoca in cui ha operato penso che sia stato un uomo e un banchiere straordinario»), il presidente onorario di Premafin Salvatore Ligresti e il presidente onorario Rcs Cesare Romiti, ma anche tanti altri imprenditori e banchieri in qualche modo eredi di quel sistema creato e difeso per oltre mezzo secolo dai «grandle vecchio» del capitalismo italiano.