L'establishment omaggia Cuccia, banchiere d'altri tempi
Milano Finanza
"Qui si vede se fai parte dell'establishment: se sei stato invitato, sì". Anche per questa ragione, secondo la lettura di un noto consulente, su circa 300 banchieri, industriali e finanzieri presenti, più di un invitato ieri chiedeva
"Qui si vede se fai parte dell'establishment: se sei stato invitato, sì". Anche per questa ragione, secondo la lettura di un noto consulente, su circa 300 banchieri, industriali e finanzieri presenti, più di un invitato ieri chiedeva alle hostess se poteva conservare 1'invito alla presentazione del volume delle relazioni ai bilanci Mediobanca fírmate da Enrico Cuccia fra il 1947 e il 1982, edito dall'istituto per il centenario dalla nascita del banchiere (il 24 novembre 1907).
La passerella c'è stata, e nel vero senso della parola, visto che per la ristrutturazione del Palazzo Reale di Milano la grande Sala delle Cariatidi è raggiungibile solo attraversando la mostra degli abiti di Vivienne Westwood. Puntualissimo, alle 11, è Ennio Doris, pronto a crescere in Mediobanca con Mediolanum. Gerardo Braggiotti, patron di Banca Leonardo, arriva a braccetto con Gaetano Micciché, numero due di Intesa e rappresentante della Ca' de Sassi alla cerimonia; assenti Corrado Passera e Giovanni Bazoli. Immancabile Salvatore Ligresti con le figlie Giulia e Jonella, che accennano una posa per i fotografi. Marco Tronchetti Provera è tra le prime file, vicino a Maurizio Romiti. Il cui padre, Cesare, è a poche sedie di distanza. Grande officiante è Cesare Geronzi («Cuccia è una persona a cui tutti dobbiamo qualcosa»), al centro del palco con a destra Alberto Nagel e Renato Pagliaro e a sinistra Antonio Maccanico, presidente di Mediobanca nel 1987-1988, Gianpiero Pesenti, socio storico e cliente di Piazzetta Cuccia, Giorgio La Malfa, erede delle memorie anche familiari del banchiere, e Umberto Veronesi, del cui Istituto europeo oncologico Mediobanca è azionista. Nelle prime file i figli di Cuccia Silvia, Aurea e Beniamino, e il figlio di Vincenzo Maranghi, Piero. L'assenza di Alessandro Profumo è compensata dalla presenza di Dieter Rampl, presidente di UniCredit. I due ad di Generali, Giovanni Perissinotto e Sergio Balbinot, fanno lo stesso con il presidente Antoine Bernheim. Fra gli altri assenti illustri, Guido Rossi, Enrico Bondi, gli esponenti della famiglia Agnelli.
Molti hanno voluto esserci, almeno all'inizio: così Carlo Puri Negri, Lucio Rondelli, Fabio Cerchiai, Arnaldo Borghesi, Piergaetano Marchetti, Alberto Pecci, Giuseppe Lucchini, Giancarlo Cerutti, Fabrizio Palenzona, Gianfranco Gutty, Massimo Ponzellini, Gianni Letta, Umberto Tracanella, Alessandro Pedersoli. Però dopo due ore di ricordi, aneddotica ed elogi morali al banchiere d'altri tempi, «la cui missione originaria fu di contribuire, raccordando il risparmio al finanziamento degli investimenti, alla crescita delle imprese italiane in condizioni di equilibrio finanziario», come ha ricordato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel suo messaggio, in parecchi avevano già lasciato la sala. Vito Gamberale ha voltato le spalle a mezzogiorno, seguito qualche minuto dopo da Fabrizio Viola, dg della Bpm, e Carlo Fratta Pasini, presidente del Banco Popolare. L'ex Gabriele Galateri, appena insediato in Telecom, è invece fra gli ultimi a lasciare il Palazzo. Ma anche le guerre di sessant'anni di capitalismo italiano hanno il loro spazio: «È noto che ho avuto qualche disaccordo con Cuccia», ha ricordato Carlo De Benedetti, «ma ritengo che per 1'epoca in cui ha operato sia stato un uomo straordinario sul piano personale e anche uno straordinario banchiere». Anche La Malfa ha riportato alla memoria gli scontri del 2003: Cuccia considerava Maranghi il suo «degno successore», ma «è stato costretto a lasciare la banca troppo presto». «Senza i Cuccia, i Cingano, i Maranghi», ha detto Nagel, «Mediobanca non sarebbe quella che è oggi». Una banca molto diversa da quella originaria. E forse anche per questo è stata scelta la stanza di Cuccia, mai utilizzata dalla sua morte, per creare una biblioteca con i libri di Ariberto Mignoli, per decenni legale dell'istituto e presidente del patto. Nessuno farà più affari lì.
La passerella c'è stata, e nel vero senso della parola, visto che per la ristrutturazione del Palazzo Reale di Milano la grande Sala delle Cariatidi è raggiungibile solo attraversando la mostra degli abiti di Vivienne Westwood. Puntualissimo, alle 11, è Ennio Doris, pronto a crescere in Mediobanca con Mediolanum. Gerardo Braggiotti, patron di Banca Leonardo, arriva a braccetto con Gaetano Micciché, numero due di Intesa e rappresentante della Ca' de Sassi alla cerimonia; assenti Corrado Passera e Giovanni Bazoli. Immancabile Salvatore Ligresti con le figlie Giulia e Jonella, che accennano una posa per i fotografi. Marco Tronchetti Provera è tra le prime file, vicino a Maurizio Romiti. Il cui padre, Cesare, è a poche sedie di distanza. Grande officiante è Cesare Geronzi («Cuccia è una persona a cui tutti dobbiamo qualcosa»), al centro del palco con a destra Alberto Nagel e Renato Pagliaro e a sinistra Antonio Maccanico, presidente di Mediobanca nel 1987-1988, Gianpiero Pesenti, socio storico e cliente di Piazzetta Cuccia, Giorgio La Malfa, erede delle memorie anche familiari del banchiere, e Umberto Veronesi, del cui Istituto europeo oncologico Mediobanca è azionista. Nelle prime file i figli di Cuccia Silvia, Aurea e Beniamino, e il figlio di Vincenzo Maranghi, Piero. L'assenza di Alessandro Profumo è compensata dalla presenza di Dieter Rampl, presidente di UniCredit. I due ad di Generali, Giovanni Perissinotto e Sergio Balbinot, fanno lo stesso con il presidente Antoine Bernheim. Fra gli altri assenti illustri, Guido Rossi, Enrico Bondi, gli esponenti della famiglia Agnelli.
Molti hanno voluto esserci, almeno all'inizio: così Carlo Puri Negri, Lucio Rondelli, Fabio Cerchiai, Arnaldo Borghesi, Piergaetano Marchetti, Alberto Pecci, Giuseppe Lucchini, Giancarlo Cerutti, Fabrizio Palenzona, Gianfranco Gutty, Massimo Ponzellini, Gianni Letta, Umberto Tracanella, Alessandro Pedersoli. Però dopo due ore di ricordi, aneddotica ed elogi morali al banchiere d'altri tempi, «la cui missione originaria fu di contribuire, raccordando il risparmio al finanziamento degli investimenti, alla crescita delle imprese italiane in condizioni di equilibrio finanziario», come ha ricordato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel suo messaggio, in parecchi avevano già lasciato la sala. Vito Gamberale ha voltato le spalle a mezzogiorno, seguito qualche minuto dopo da Fabrizio Viola, dg della Bpm, e Carlo Fratta Pasini, presidente del Banco Popolare. L'ex Gabriele Galateri, appena insediato in Telecom, è invece fra gli ultimi a lasciare il Palazzo. Ma anche le guerre di sessant'anni di capitalismo italiano hanno il loro spazio: «È noto che ho avuto qualche disaccordo con Cuccia», ha ricordato Carlo De Benedetti, «ma ritengo che per 1'epoca in cui ha operato sia stato un uomo straordinario sul piano personale e anche uno straordinario banchiere». Anche La Malfa ha riportato alla memoria gli scontri del 2003: Cuccia considerava Maranghi il suo «degno successore», ma «è stato costretto a lasciare la banca troppo presto». «Senza i Cuccia, i Cingano, i Maranghi», ha detto Nagel, «Mediobanca non sarebbe quella che è oggi». Una banca molto diversa da quella originaria. E forse anche per questo è stata scelta la stanza di Cuccia, mai utilizzata dalla sua morte, per creare una biblioteca con i libri di Ariberto Mignoli, per decenni legale dell'istituto e presidente del patto. Nessuno farà più affari lì.