Geronzi: «Non prendiamo lezioni sulle aggregazioni»

L'Unità

Capitalia rinnova il Consiglio, il presidente a sostegno di Bernheim alle Generali. «La politica resti fuori non cerchiamo raccomandazioni. Saremo artefici del nostro destino»

Italiani o stranieri non importa. Capitalia è pronta ad aggregarsi. Ma a modo suo, senza «accettare lezioni da nessuno», come dichiarato ieri dal presidente del gruppo Cesare Geronzi, e senza «farsi raccomandare dalla politica» perché «la politica deve restare fuori. Capitalia vuole essere artefice del proprio destino».
Eppure politica e Capitalia sono sempre andate a braccetto. Capitalia, e prima Banca di Roma, è stata sempre in prima fila nel finanziare la politica, sia di destra sia di sinistra. E come non ricordare che qualche tempo fa, prima delle elezioni politiche, Silvio Berlusconi l'aveva arruolata tra i propri sostenitori. Non solo. Ci sono anche altre ragioni che fanno di Capitalia un oggetto delle attenzioni politiche. La prima è che l'istituto, dopo il passaggio della Bnl ai francesi della Bnp Paribas, è rimasta l'unica banca di Roma ancora italiana. Inoltre Capitalia ha in pancia due partecipazioni pesanti, nelle Generali (per le quali Geronzi ha di fatto confermato la propria fiducia al presidente Antoine Bernheim, in scadenza ad aprile) e quella in Mediobanca. E cioè di uno dei più grandi gruppi assicurativi europei e della più importante banca d'affari italiana.
È chiaro che il mondo politico non può essere indifferente. E allora l'accenno fatto da Geronzi all'intrusione della politica va letto in un altro modo. È un messaggio che Geronzi ha voluto mandare a una parte dei Ds favorevole a un matrimonio Capitalia - Monte Paschi di Siena. «Non accettiamo il consiglio di farci raccomandare dalla politica - ha spiegato Geronzi - la politica deve restare fuori dal sistema bancario».
E non è il primo "no" che Geronzi recapita. Anche agli olandesi della Abn Amro, che pure detengono l'8% dell'istituto ed esprimono tre consiguen Geronzi, aveva detto qualche tempo fa di attendere fuori dalla porta durante la convention con i dipendenti. Questo comunque non vuol dire che Via Minghetti non voglia fondersi e crescere. La banca, ha detto sempre Geronzi, è aperta a ogni ipotesi di fusione, ma a condizione di salvaguardare il proprio ruolo e la propria storia, la propria presenza «istituzionale» nel Centro-Sud. Condizione quest'ultima «di cui non ci dimentichiamo». E poi per il presidente non c'è fretta, non bisogna fare le cose tanto per farle, ricordando il motto cordato dall'amministratore Matteo Arpe durante la presentazione dei conti dei nove mesi, «siamo interessanti e interessanti» al risiko. Una parola entrata ormai ufficialmente nel linguaggio: «parlare di risiko significa - sottolinea Geronzi - ragionare seriamente con chi per fare cosa». Niente fretta insomma, anche perché il contesto di riferimento è sempre stato difficile e, certamente, il matrimonio tra Intesa e San Paolo lo complica ancora di più riducendo di fatto le opzioni possibili per la Capitalia.
Intanto ieri l'assemblea degli azionisti ha eletto il nuovo consiglio di amministrazione composto tra gli altri, oltre che da Geronzi e da Arpe, da Paolo Cuccia e Paolo Savona, in qualità di vicepresidenti, e anche da Pierluigi Toti, Pasquale Cannatelli, Carlo Colaiocovo, Roberto Colaninno, Alfio Marchini, Paolo Fresco e Paolo Mariotti.