Geronzi: Bernheim resti al timone Generali

Corriere della Sera

«Fusioni, la politica rimanga fuori. Siamo stati i primi e non accettiamo lezioni»

ROMA - La battuta più rapida e puntuale riguarda le Generali: «Bernheim sta bene dove sta» dice Cesare Geronzi anticipando la posizione di Capitalia sul rinnovo di aprile delle cariche di vertice nel colosso assicurativo. E quanto ai titoli del Leone di Trieste che stanno animando la Borsa, spiega che «rientra tutto nell'intesa legata al trasferimento della Toro dalla De Agostini alle Generali». Il presidente del gruppo bancario, socio della compagnia triestina, sta uscendo dall'assemblea che gli ha riconfermato il mandato eleggendo il nuovo consiglio di amministrazione. Dice solo poche parole. Di Capitalia e delle sue strategie, Geronzi ha parlato, e anche molto, nel corso dell'assemblea rispondendo agli azionisti. «Siamo protagonisti attivi del sistema bancario e artefici del nostro destino» ha affermato prima di annunciare che «l'istituto è aperto a qualunque opzione di fusione che possa assicurare continuità aziendale». Certo, ha aggiunto, l'integrazione tra San Paolo Imi e Banca Intesa ha «ristretto le possibilità», ma la banca «resta attenta alle varie opportunità» anche se in fondo non bisogna stringere un'alleanza «tanto per farlo». Non fa nomi Geronzi, anche se nello scenario dei possibili partner resta in primo piano l'altra grande banca rimasta anch'essa fuori dal risiko, Mps. L'approccio è difficile, visto la contrarietà dell'istituto senese a creare un'asse con Roma, ma nella strategia di sviluppo del gruppo capitolino c'è sempre l'idea di un'espansione nel Centro-Sud. «Non lo dimentichiamo, così come non accettiamo il consiglio di farci raccomandare dalla politica, che deve restare fuori dal sistema bancario» ha aggiunto. Un po' a sorpresa, visto che Geronzi è sempre stato un banchiere molto attento alle cose della politica. Ma nel suo richiamo c'è più che altro l'altolà ad etichettature partitiche, siano esse di marca Ds (che si profilerebbero nel caso di un matrimonio con Mps), siano di imprinting Margherita o direttamente del presidente del Consiglio Romano Prodi (come è stato detto per l'asse Torino -Milano). Qualche socio cita l'esempio di Unicredit che si è sviluppato oltre i confini nazionali e quello, più recente, dell'unione fra Intesa e San Paolo, facendo aleggiare la critica di immobilismo per Capitalia. Geronzi reagisce: «Sulle aggregazioni bancarie non accettiamo lezioni da nessuno» ha detto rispondendo agli azionisti e forse ai suoi più illustri colleghi banchieri e ricordando il ruolo di «apripista» svolto dalla banca romana alla fine degli anni Ottanta. «Il processo di aggregazione porta un nome solo quello della Cassa di risparmio di Roma che ha dato vita alla prima operazione di fusione». E ciò «quando Unicredit era ancora impegnata a fare altre cose». Geronzi ricorda così l'acquisizione da parte della Cassa del Banco di Santo Spirito, alla quale seguì qualche anno dopo l'unione con un'altra banca dell'Iri la Banca di Roma. Una fusione complessa con problemi di esuberi. «Fummo noi a trovare una soluzione, un apposito fondo, di cui poi usufruirono tutti gli altri. I vantaggi oggi disponibili sono dovuti al nostro impegno con i vertici dei sindacati». Si passa al rinnovo delle cariche. Geronzi è riconfermato come l'amministratore delegato Matteo Arpe. Nel consiglio che farà la sua prima riunione lunedì (ieri c'è stato il rinvio per l'assenza di un componente) oltre ai vicepresidenti Paolo Cuccia e Paolo Savona siederanno Gabriel M. Marino, Alberto Rossetti, Walter Vezzosi, Massimo Pini, Salvatore Mancuso, Ernesto Monti, Pierluigi Toti, Carlo Saggio, Pasquale Cannatelli, Carlo Colaiocovo, Roberto Colaninno, Alfio Marchini, Paolo Fresco, Paolo Mariotti, Silvio Bianchi Martini, Ahmed A. Menesi.