Capitalia congela il dossier delle alleanze

Il Giornale

Il gruppo romano fa i conti con il tema delle aggregazioni e con la grande attesa del mercato. Ma il vertice non ha fretta e tiene aperte tutte le strade. Domani, alla riunione dei grandi soci, il presidente Geronzi dirà che tutto resta cosi com'è. E che il patto non crescerà oltre il 31%

Cresce l'attesa per il patto di sindacato di Capitalia, convocato per domani. Nel quale il presidente del gruppo Cesare Geronzi potrebbe informare i suoi azionisti delle novità sul fronte aggregazioni. In realtà l’ordine del giorno della riunione prevede tre punti (le comunicazioni di Geronzi, l’eventuale ampliamento del patto stesso e le indicazioni sui consiglieri da nominare nella prossima assemblea del 5 dicembre) che riserverebbero ben poche sorprese.
Nelle sue comunicazioni Geronzi non parlerà di strategie precise, né tantomeno di dossier aperti. Ribadirà però, come ripetuto recentemente dall’amministratore delegato Matteo Arpe, che Capitalia non starà a guardare, senza per questo sentirsi obbligata a fare un’operazione. Anche perché grandi cose, in giro, non ci sono.
La grande fusione San-Intesa sta procedendo, con la «dote» dell’altra aggregazione, quella tra Bpu e Banca Lombarda (quest’ultimo è uno dei grandi soci di Banca Intesa). A Capitalia potrebbe guardare Unicredito, ma non certo a questi prezzi. Mentre sul fronte di un possibile approccio con Mps la banca senese continua a non mandare segnali di alcun tipo. C’è poi Abn Amro che, almeno a parole (quelle del suo presidente Groenink) spinge perché Capitalia si muova. E forse è la stessa banca olandese, primo socio del gruppo romano, ad avere mire di qualche tipo, come Groenink ha fatto capire a più riprese. Ma Geronzi ha già respinto queste avance tempo fa. Per cui l’unica strada sarebbe quella di un’Opa, ostile, da 16-17 miliardi, che però appare impraticabile. Anche perché Capitalia tiene in pancia quel 9% di Mediobanca che rappresenta una sorta di garanzia: chi tocca il gruppo romano deve senz’altro fare i conti con le reazioni del «sistema». Anche per questo motivo Geronzi tende a vigilare sullo status quo. E sul secondo punto andrà in soffitta la questione dell’allargamento del patto (dal 31 al 32,5%), che interessava sia Abn Amro, sia altri soci italiani: niente da fare, resta tutto così com’è.
Intanto la banca è ieri tornata a sfiorare i 7 euro per azione in borsa, sulla scia della «promozione» di Fitch: l’agenzia di rating sul rischio finanziario da A- ad A e il rating sul debito a breve termine da F2 ad F1. Una mossa attesa da un po’ di tempo soprattutto da Arpe, che ora potrà tornare a finanziarsi sul mercato dei capitali e a sua volta collocare titoli con un margine stimato nell’ordine dei 40-50 punti base. Il che porterà alla attesa lievitazione delle commissioni del gruppo.