Geronzi: in Mediobanca? Tutto tranquillo

Corriere della Sera

«Non c'è nulla di nulla, in Mediobanca tutto procede con tranquillità, nessuno ha ambizioni o ha intenzione di fare nulla»: il presidente di Capitalia, Cesare Geronzi, taglia corto su tutte le voci e le indiscrezioni che vogliono il suo gruppo intenzionato ad aumentare la propria quota nel capitale.

FIRENZE - «Non c'è nulla di nulla, in Mediobanca tutto procede con tranquillità, nessuno ha ambizioni o ha intenzione di fare nulla»: il presidente di Capitalia, Cesare Geronzi, taglia corto su tutte le voci e le indiscrezioni che vogliono il suo gruppo intenzionato ad aumentare la propria quota nel capitale. «Se qualcuno invece teme che ci sia qualcosa, mi dispiace per lui perché potrebbe stare tranquillo », aggiunge. Magari pensando anche ai dubbi dell'Unicredito. Il presidente di Capitalia parla a Firenze, all'appuntamento con i giovani organizzato da «Progetto città », di Andrea Ceccherini. Ad ascoltarlo ci sono moltissimi ragazzi, ma anche giornalisti, personalità e banchieri locali come Aureliano Benedetti ed Eduardo Speranza, nonché, in prima fila, il presidente onorario di Fondiaria-Sai, Salvatore Ligresti. Ad intervistarlo, assieme al pubblico giovanile, sono i direttori di «Panorama» e del «Tg5», Pietro Calabrese e Carlo Rossella. Ed è, confessa Geronzi, una novità per lui che rifugge da interviste e conferenze. Mediobanca ma non solo. Geronzi affronta tutti i temi del dibattito economico- finanziario e qua e là spuntano accenni di vita privata - l'infanzia in una famiglia «dignitosamente povera» a Marino ai Castelli romani - e ricordi degli inizi di carriera in Banca d'Italia e della «fortuna» di aver avuto la «straordinaria guida» di Guido Carli. «La Banca d'Italia è come un saio che porti sempre indosso» dice.

NO AL GOVERNATORE A TERMINE - Sarà per questo, per i vent'anni passati in via Nazionale, che Geronzi boccia la previsione di un termine per il mandato del governatore della Banca d'Italia introdotto nella riforma sul risparmio dalle Commissioni della Camera. «Non si tratta certo di un tema "vitale" perché se cambi il gestore l'istituzione resta in vita» ma fermo restando che «nessuno ha mai pensato di dover scadere solo alla morte», tutti i governatori che si sono succeduti, dice Geronzi, «hanno considerato la carica senza termine come il metodo essenziale per assicurare alla banca l'indipendenza assoluta». Si pensi, aggiunge, ad un mandato per esempio di tre anni. «Come era all'Iri dove il presidente lavorava un anno e mezzo per l'istituto e un anno e mezzo per succedere a se stesso».

CONCORRENZA E STABILITA' -  Anche sul passaggio dei poteri di controllo sulla concorrenza bancaria all'Antitrust Geronzi ha da ridire. «Nel '90 si ritenne che solo un'istituzione come la Banca d'Italia, già attrezzata per analizzare i dati del sistema, potesse occuparsi anche di concorrenza. Che, peraltro, puntando ad aumentare l'efficienza e la redditività è strettamente correlata alla stabilità». Per quel che riguarda la legge sul risparmio «dobbiamo sperare in modifiche approfondite ».

BANCHE STRANIERE - Capitalia, sostiene Geronzi, è stato tra i primi ad aprire agli stranieri dell'Abn Amnro che hanno il 9% del capitale. «Un'esperienza positiva» dice definendo il mercato bancario italiano «tra i più aperti in Europa al capitale bancario estero». Il problema, aggiunge, è la debolezza del nostro sistema economico: «Non possiamo perdere il governo decisionale delle banche, perché altrimenti perderemmo anche la possibilità di concorrere in misura rilevante alle decisioni sullo sviluppo economico del paese» afferma. E poi ci sono le regole da rispettare, quelle che non permettono le Opa ostili («In ogni caso l'Opa non si dice, si fa. E ci si difende»), presenti anche negli altri paesi. «Non si tratta di far valere il criterio della reciprocità ma di fare sistema come fanno Francia e Germania. Se l'Europa deciderà di cambiare le regole le rispetteremo».

CONFLITTO DI INTERESSI - «Oggi sembra che per un imprenditore entrare nel capitale di una banca sia un peccato mortale. Ma chi può investire in una banca? Le Fondazioni non possono più perché, è stato detto, sono la longa manus della politica. I fondi pensione non esistono. Le banche estere non possono crescere. E allora?». Geronzi torna ad insistere sulle regole che «esistono già» per disciplinare i rapporti tra banche e industrie. «E non si cambiano per punizione ma perché sono mutate le condizioni».

BOND ARGENTINI - Nelle vicende dei bond Cirio e Parmalat per esempio, sottolinea Geronzi, le regole che mancavano erano quelle sul controllo societario. Le disfunzioni nelle banche «hanno riguardato casi singoli» e Capitalia, «additata come la banca responsabile era in realtà quella che aveva venduto meno titoli di tutte». Tant'è che l'ha rimborsati. Cosa che non avverrà per i bond argentini per i quali il debitore è uno stato sovrano. «Ritengo indecoroso, inaccettabile che uno stato sovrano non onori la propria firma». Ed è «altrettanto grave» che organismi intemazionali, come l'Fmi, intervenuti per dare sostegno economico al paese, «non lo impongano». Occorre quindi una forte «azione politica su tali istituzioni »

CAPITALIA - E' «un orgoglio smisurato» quello che alla fine, in fase di bilanci, Geronzi esprime su Capitalia, un gruppo costruito «mettendo assieme, senza pesare sullo Stato, banche in pre crisi o addirittura in piena agonia». Ora «possiamo misurarci con tutti. Non temiamo la concorrenza» dice dichiarandosi, poi, anche orgoglioso di sedere nel consiglio Rcs, dove «sono pronto a dare il contributo quando mi viene chiesto». Il presidente di Capitalia non esprime invece entusiasmo per un'eventuale espansione nel mondo del calcio, al cui finanziamento il gruppo partecipa per il 15% del totale: «Solo un folle può immaginare di acquistare o governare una squadra di calcio ».