Come Cesare fortifica l'impero

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Si riconosce la firma di Matteo Arpe nel nuovo piano industriale di Capitalia. Ma non è difficile intravedere quella di Cesare Geronzi nella riorganizzazione del gruppo

Si riconosce la firma di Matteo Arpe nel nuovo piano industriale di Capitalia. Ma non è difficile intravedere quella di Cesare Geronzi nella riorganizzazione del gruppo: un capolavoro, se si pensa che, alla logica industriale, il presidente è riuscito ad associare il rafforzamento dei tradizionali azionisti dell’istituto romano. È probabile che Capitalia uscirà più ricca e più solida da questo piano, ma è evidente che anche il controllo della banca sarà fortificato. Già il patto di sindacato, con la quota del Banco di Sicilia, è salito al 31,5% ed è probabile che a quei livelli vi resterà anche dopo le fusioni, visto che quasi tutti i soci hanno dichiarato di non voler diluire le loro partecipazioni. E al Patto vanno aggiunti i pacchetti di tutti quegli azionisti terzi di Fineco e Mcc sui quali Geronzi può fare affidamento: per esempio la fondazione Manodori, oppure Telecom, Fininvest, Angelucci, Merloni che convertendo il loro 3% di Mcc dovrebbero ritrovarsi ciascuno con quasi 1'1% di Capitalia. Alla fine si può pure sommare il 3% di Keluma, la scatola che conservava gli ex titoli Bipop di Ardesi, rilevata ora da Lehman Bros. Un calcolo approssimativo fa capire che, tra pattisti ed azionisti amici, Geronzi può vigilare sul 45% circa del capitale: una soglia in grado di scoraggiare le mire di eventuali raider, sulla cui esistenza si mormora da qualche tempo a Piazza Affari.