Accuse di bancarotta e truffa. Geronzi: nel ' 99 Cirio era sana

Corriere della Sera

Tre episodi di bancarotta fraudolenta, due «per distrazione» e l'altra «preferenziale», e sei di truffa, relativi all'emissione di altrettanti bond. Sono queste le accuse da cui si è dovuto difendere il presidente di Capitalia, Cesare Geronzi

ROMA - Tre episodi di bancarotta fraudolenta, due «per distrazione» e l'altra «preferenziale», e sei di truffa, relativi all'emissione di altrettanti bond. Sono queste le accuse da cui si è dovuto difendere il presidente di Capitalia, Cesare Geronzi, davanti ai magistrati che conducono l'inchiesta sul crac della Cirio per la quale è ancora in carcere Sergio Cragnotti. L'interrogatorio di Geronzi, al quale è stato notificato un capo d'imputazione di cinque pagine in cui gli vengono contestate condotte che, all'epoca in cui era il numero uno della Banca di Roma, avrebbero indotto «in errore gli acquirenti, quasi tutti piccoli risparmiatori», è durato cinque ore. LA DIFESA - «E' consolidata l'idea che nel '99 non c'era alcuna crisi finanziaria della Cirio e che la Banca di Roma non poteva sapere dello stato di insolvenza del gruppo alimentare. Per cui è da escludere che Cesare Geronzi abbia partecipato a qualsiasi ipotesi di bancarotta», ha sottolineato dopo la deposizione l'avvocato Guido Calvi, difensore del banchiere insieme con Francesco Vassalli e Riccardo Olivo. «Il presidente di Capitalia ha risposto con molta efficacia e molta convinzione, dando spiegazioni coerenti e plausibili. Mi auguro che questa linea - ha aggiunto Calvi - possa essere risolutiva dato che i problemi non sono di carattere personale ma documentali, cioè della Banca di Roma, e relativi ad atti cui, tra l'altro, Geronzi non ha partecipato». LA PROCURA - Di tutt' altra opinione il procuratore aggiunto Achille Toro e i pm Tiziana Cugini, Gustavo De Marinis e Rodolfo Sabelli, che per il fallimento della Cirio hanno già iscritto sul registro degli indagati 45 tra manager di aziende e di istituti di credito. Per le ipotesi di bancarotta, a Geronzi contestano di aver concorso, con gli amministratori di cinque società dichiarate insolventi, «nel distrarre, nel corso del 1999, l'importo di 288 miliardi di lire circa, trasferiti da Cirio Finanziaria a Bombril Cirio International (utilizzando la provvista proveniente dalla cessione a Parmalat della società Eurolat, cui era stato conferito tutto il settore latte, e impiegando la somma di 64 miliardi di lire pagata dalla stessa Parmalat in corrispettivo di un "impegno di non concorrenza assunto dalla Cirio")». Tutto ciò, per i pm, «senza contropartita o giustificazione economica-finanziaria per la società erogante, senza alcuna utilità e con grave pregiudizio per quest'ultima in assenza di piano di rientro». L' INTERROGATORIO - I magistrati ritengono che Cragnotti abbia sfruttato la conoscenza personale con l'ex presidente della Banca di Roma per ottenere consistenti aiuti nel momento in cui la holding era in difficoltà. Durante l'interrogatorio, a Geronzi sono stati chiesti chiarimenti anche su questo: «Rapporti personali non vi sono quasi stati - ha detto Calvi, illustrando il contenuto della deposizione e annunciando la presentazione di una dettagliata memoria - mentre i rapporti d'ordine bancario con Cragnotti sono stati tenuti da altri dirigenti». Le accuse all'attuale numero uno di Capitalia sulle emissioni di bond per le quali risponde di truffa in concorso con gli amministratori della Cirio e «con altri responsabili del collocamento dei titoli» riguardano due titoli di Cirio Finance Luxembourg da 150 milioni di euro ognuno (emessi il 30 maggio e il 3 novembre 2000) e gli altri di Del Monte Finance Luxembourg (uno 200 milioni di euro del 24 maggio 2001) e di Cirio Del Monte Nv (tre per un totale di 175 milioni di euro tra il 14 marzo e il 31 maggio 2002)». L'imputazione più pesante è quella relativa ai primi due titoli azionari: secondo la Procura, per questi Banca di Roma intervenne «quale joint-lead manager per una quota complessiva di 100 milioni di euro (di cui 90 milioni collocati presso investitori istituzionali e 10 utilizzati per finalità di trading)». Sugli altri bond, invece, la magistratura ritiene che Banca di Roma sia intervenuta «come co-lead manager» in un caso e, negli altri, «quale garante nei confronti del consorzio di collocamento della sottoscrizione di una quota complessiva di 32 milioni e mezzo di euro (effettivamente collocata presso Abaxbank e Ubm)».