Il salotto buono di via Minghetti Geronzi il regista dell'alleanza

La Stampa

Dopo una trattativa durata molti mesi il banchiere romano alla fine riesce a mettere d'accordo vecchi e nuovi azionisti

Tre nuovi anni al vertice di Capitalia dopo un ventennio che parte dalla direzione generale della Cassa di Risparmio di Roma e finisce - è questa per il momento l'ultima istantanea - con la presidenza assai incisiva di un gruppo pigliatutto che ha scalato il quarto posto nella classifica nazionale del credito, e si muove dalla Sicilia alle valli bresciane.
Continua a splendere l'astro di Cesare Geronzi. Il banchiere dei Castelli romani (è nato a Marino, a febbraio compirà 69 anni) si conferma come la stella polare di un sistema creditizio vicino al governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio. Scontati, in questa posizione, gli attacchi - che intatti sono arrivati puntuali anche ieri - del Presidente emerito Francesco Cossiga, assai poco favorevole all'inquilino a vita di via Nazionale e quindi a chi gli è più vicino. Ma scontato anche il rafforzarsi dell'area di influenza di Geronzi, nato e cresciuto professionalmente proprio in ventidue anni di Banca d'Italia e che, dal 1982, vede il suo potere e il comune riconoscimento delle sue capacità crescere di pari passo con l'espansione di quella che un tempo era la Cassa di Roma.
Prima l'acquisto dall'Iri, è l'89, della maggioranza del Banco di Santo Spirito, poi il boccone che all'epoca sembra quasi indigeribile della Banca di Roma. Tra rapporti inevitabilmente ottimi con la Dc dell'epoca - sopra tutti Giulio Andreotti - e con via Nazionale, nasce così a cavallo tra la fine degli Anni '80 e l'inizio dei '90 il primo gruppo bancario del centro Italia. Poi è la stagione delle alleanza cercate e rifiutate, con partner geograficamente e geneticamente assai - probabilmente troppo - diversi. La corte serrata alla Comit che però non va in porto senza che, sostiene qualche osservatore, Geronzi ne sia troppo turbato, e viceversa le profferte (ma questa volta sono i romani che si scansano senza troppi complimenti) del Sanpaolo. Alla fine del film di questi anni il gruppo di via Minghetti appare specializzato in missioni impossibili, pronto a rilevare realtà difficili come il Banco di Sicilia o, siamo ai giorni nostri , una Bipop-Carire ancora sconvolta dalla subitanea caduta del padre-padrone Sonzogni.
Interventi di pronto soccorso creditizio dettati dalla ragion di Stato, anzi da quella di Bankitalia? O invece operazioni di pura conquista che avvengono proprio sotto l'occhio di una Banca d 'Italia troppo compiacente? I pareri si dividono, ma certo troppe operazioni a rischio, con il più l'eredità della Banca di Roma ancora da smaltire, pesano sui bilanci.
Così dopo aver fatto qualche vittima - è il caso di Carlo Salvatori, che pur in ottimi rapporti con Fazio sbatte, clamorosamente la porta di Capitalia dopo pochi mesi di convivenza con Geronzi e il suo management - il banchiere sceglie il giovane Matteo Arpe come «uomo dei numeri» destinato a rimettere in forma il colosso Capitalia. La cura di Arpe appare subito ambiziosa, ma altrettando evidente, fino ad ora, è il fatto che sta funzionando e che riscuote la piena approvazione dei mercati finanziari.
Adesso, con il lunghissimo tavolo a tredici gambe che ha messo insieme grazie al patto di sindacato, Geronzi raccoglie l'ennesima conferma del suo potere dentro, ma anche fuori dalla banca capitolina. Non a caso, infatti, è stato lui stesso - in maniera quanto meno irrituale - a lavorare di fino per attirare e poi mettere d'accordo i suoi nuovi azionisti. E adesso quel tavolo sarà senza dubbio il pezzo più più pregiato del nuovo «salotto buono» della finanza e dell'imprenditoria italiana che il banchiere è riuscito ad allestire e cinquecento chilometri più a Sud di piazzetta Cuccia, sede della Mediobanca di cui pure è vicepresidente. Nel patto firmato tre anni e mezzo fa per garanitire gli assetti dell'istituto comparivano sola la Fondazione Cassa di Risparmio di Roma, gli olandesi della Abn Amro e la Toro. Adesso la Fondazione ha scelto - per usare le parole del presidente Emmanuele Emanuele - («i problemi della gente piuttosto che l 'alta finanza»); gli olandesi sono prima scesi e poi tornati a crescere, tanto da essere dal punto di vsita puramente aritmentico il vero perno dell'accordo; la Toro, pur avendo cambiato padrone e perso peso, è restata fedele all'intesa. Ma, assieme a
questi soci statici , nelle sale di via Minghetti arriva anche una serie di imprenditori che con Mediobanca hanno frequentazioni di lungo corso. E' il caso di Marco Tronchetti Proverà, di Salvatore Ligresti, di Roberto Colaninno. A fianco una schiera di «matricole» attive soprattutto - ma non solo - a livello locale, con interessi che spaziano dall'edilizia alla sanità . Tutti diversi tra di loro, tutti uguali nel loro sostegno a Geronzi.