Capitalia, avanza il patto dei soci. Ecco i dodici apostoli di Geronzi

Il Giornale

Si tratta sull'ingresso della Fondazione CariRoma. Ieri un incontro tra il presidente e Manodori

Sul patto di sindacato di Capitalia si stringe il cerchio. A cominciare dal numero dei soci pronti a sottoscrivere l'accordo: dovrebbero essere 12, come gli apostoli. Una bozza del patto circola tra gli interessati e alla voce «partecipanti» seguono dodici righe con i nomi resi illeggibili. Manca ancora, infatti, il via libera finale sull'operazione a cui sta lavorando Cesare Geronzi. Il che rende possibile qualche cambiamento fino all'ultimo momento. Tuttavia, allo stato attuale, è possibile ipotizzare quali saranno gli aderenti.
Si parte dalle tre Fondazioni: CassaRoma, Manodori e Banco di Sicilia. Tra queste quella in dubbio è ancora la prima. Ma Geronzi avrebbe convinto il presidente Emmanuele Emmanuele a conferire almeno una parte della quota del 7% detenuta dall'Ente. Ci sarà poi la Regione Sicilia (3,3%) e di certo anche gli olandesi di Abn Amro, che puntano (come ha chiarito lo stesso amministratore
delegato di Capitalia, Matteo Arpe) invece a crescere dall'attuale 6,6% (comunque non oltre il 10%). De Agostini, tramite Toro, conferirà il 2% sul totale del 4,9 detenuto e non mancherà neanche la Premafin di Salvatore Ligresti (2,8%). Mentre con quote minori ci saranno Pirelli, Pierluigi Toti, Roberto Colaninno e Alfio Marchini: sono 11.
Il dodicesimo, a quanto si apprende in queste ore, non dovrebbe essere Romain Zalesky, come per altro già ipotizzato. Pur forte del suo recente 2,4%, Zalesky sembra più orientato a un 'operazione finanziaria. L'ingresso nel patto non rientra nei piani di Geronzi soprattutto alla luce del rapporto già in essere tra Capitalia e la Tassara in Italenergia-Edison, dove entrambi sono soci e dove nei prossimi anni l'assetto azionario dovrebbe cambiare ancora.
Bassissime sono anche le probabilità di trovare nella squadra l'immobiliarista Stefano Ricucci (che vanta il 3,7%), contemporaneamente azionista della Popolare di Lodi.
Per gli stessi motivi è escluso un posto per la Hopa di Emilio Gnutti, già presente anche in Montepaschi e nel patto di Antonveneta. Molto difficile, infine, l'ingresso dei libici della Lafico, azionisti con il 5%: le porte del patto rimarranno probabilmente ancora chiuse per il colonnello Gheddafi che non avrebbe il profilo ideale per partecipare al controllo del quarto gruppo bancario nazionale almeno secondo i severi parametri valutativi utilizzati da Bankitalia. Stando così le cose, non è ancora chiaro a chi andrà il dodicesimo scranno. L'unico a saperlo con certezza è Geronzi che, secondo indiscrezioni, avrebbe pronto un imprenditore non molto noto al grande pubblico. Si vedrà.
Il patto dovrebbe essere pronto tra fine mese e i primi di ottobre. Ma anche ieri si è mosso qualcosa: il presidente della reggiana Fondazione Manodori, Mauro Bigi, è andato a Roma per chiedere a Geronzi la conferma che tutte e tre le Fondazioni saranno della partita. Una condizione che permetterebbe ai reggiani di aderire con maggiore serenità al patto, sapendo di avere come compagni altri soggetti alle prese con l'evoluzione del quadro giuridico delle Fondazioni, ancora in divenire.
In Borsa intanto il titolo Capitalia continua la sua corsa, ultimamente alimentata dai buoni risultati della semestrale. Le azioni della ex Banca Roma hanno chiuso facendo toccare il nuovo massimo dell'anno a 2,15 euro, con lo 0,4% di rialzo, il sesto consecutivo.