Verso un asse Geronzi-Bazoli prò Bernheim
Milano Finanza
Asse Capitalia-Intesa sulle Generali. Il 3,4% in Generali «qui sta e qui resta, Bernheim a noi ci sta bene e anche la modifica dello statuto che porti il mandato a tre anni ci sta bene».
Asse Capitalia-Intesa sulle Generali. Il 3,4% in Generali «qui sta e qui resta, Bernheim a noi ci sta bene e anche la modifica dello statuto che porti il mandato a tre anni ci sta bene». Cesare Geronzi, ieri, a margine dell'assemblea di Capitalia che ha rafforzato la sua leadership al vertice, ha lanciato messaggi chiari sul futuro della compagnia triestina. Per Geronzi, Antonie Bernheim potrebbe restare altri tre anni al vertice nonostante a settembre prossimo compia 80 anni , un limite che l'attuale statuto non permette di superare. E considerata la contiguità del banchiere romano con Bankitalia è evidente che questa linea sia condivisa dall'autorità centrale, azionista col 4,7% delle Generali. La linea disegnata dal presidente di Capitalia, che taglia la strada alle ambizioni del presidente della fondazione Cariverona, Paolo Biasi, coincide sostanzialmente con quella di Corrado Passera, a.d. di Intesa (1.9% a Trieste), che qualche settimana fa aveva espresso pieno appoggio al vertice della compagnia. Poche ore prima UniCredit, a cui Capitalia è legata dal patto di consultazione siglato a inizio scorso assieme a Mps, aveva annunciato l'avvio dell'exchangeable per dismettere entro cinque anni il 3,6% delle Generali. La posizione di Passera esprime quella di Giovanni Bazoli. Profumo era stato il primo a schierarsi a favore dell'allungamento del mandato del presidente e degli a.d. delle Generali da uno a tre anni, ma nulla aveva detto riguardo la permanenza di Bernheim. Il silenzio di Profumo, condiviso anche dal presidente di UniCredit, Carlo Salvatori, sembra non chiarire la posizione di piazza Cordusio nella partita sulla presidenza di Trieste, che dovrà essere rinnovata ad aprile quando scadrà anche l'intero cda. Se a questo mosaico si aggiunge che la notte prima delle cooptazioni dei tre nuovi consiglieri indicati dalle banche all'assemblea delle Generali tenutasi lo scorso 26 aprile, il veto di Salvatori e Profumo fu decisivo per fermare la candidatura del presidente di Intesa, Giovanni Bazoli, nel consiglio triestino, iniziano a delinearsi gli schieramenti in prossimità del rinnovo del vertice.
Un peso decisivo ce l'avrà l'azionista di riferimento delle Generali, cioè Mediobanca, che ha il 13,5% e in passato, sotto la monarchia di Vincenzo Maranghi, faceva il bello e il cattivo tempo su Trieste. Anche licenziare un presidente in corso di mandato perché non più gradito a Maranghi: Gianfranco Gully venne disarcionato a ottobre 2002 con una decisione dell'ex timoniere di piazzetta Cuccia calato nel cda di Trieste sulla testa del comitato nomine di Mediobanca in base a un'interpretazione di lana caprina delle regole del gioco. «Ognuno fa valutazioni specifiche rispetto alle proprie priorità e ai propri elementi», ha detto Profumo a chi gli ha fatto notare le dichiarazioni di Geronzi sulla permanenza nel capitale di Generali.
Eppure in un primo tempo sembrava che l'exchangeable di Mediobanca dovesse riguardare, oltre alle quote di UniCredit, anche le quote di Capitalia e Mps. Per quanto concerne la banca senese, che ieri ha tenuto un cda, non ci sono avvisaglie e comunque la partecipazione (1,6%) non sarebbe immediatamente vendibile.
Oggi è in calendario un esecutive di Mediobanea, e all'ordine del giorno non dovrebbe esserci il tema Generali, che spetta per statuto al consiglio essendo una partecipazione strategica. Ma informalmente di Generali si potrebbe parlare a latere vista la contemporanea presenza di Salvatori e Geronzi (Profumo invece non ne fa più parte). Sembra che il presidente di Mediobanca, Gabriele Galateri, non sia contrario a una permanenza di Bernheim in nome della stabilità dell'assetto triestino. Stabilità che la presa di posizione di Geronzi fa pendere da una parte. Geronzi era stato l'alleato di UniCredit nel ribaltone su Mediobanca dello scorso aprile introdotto dal blitz sulle Generali condotto dalle tre banche all'unisono, con UniCredit nel ruolo di battistrada. Alla luce delle posizioni createsi, conoscendo il senso di responsabilità di Salvatori e Profumo, piazza Cordusio assumerà una posizione costruttiva. Resta spiazzato Biasi, leader della Cariverona che ha oltre il 2% delle Generali con la voglia di salire. Intanto ieri l'amministratore delegato delle Generali, Giovanni Perssinotto, ha commentato positivamente la decisione di Unicredito di uscire dal capitale di Trieste: «Non possiamo che esprimere un giudizio positivo su questa decisione che contribuisce a ridurre un grande motivo di incertezza degli investitori », ha detto.
Un peso decisivo ce l'avrà l'azionista di riferimento delle Generali, cioè Mediobanca, che ha il 13,5% e in passato, sotto la monarchia di Vincenzo Maranghi, faceva il bello e il cattivo tempo su Trieste. Anche licenziare un presidente in corso di mandato perché non più gradito a Maranghi: Gianfranco Gully venne disarcionato a ottobre 2002 con una decisione dell'ex timoniere di piazzetta Cuccia calato nel cda di Trieste sulla testa del comitato nomine di Mediobanca in base a un'interpretazione di lana caprina delle regole del gioco. «Ognuno fa valutazioni specifiche rispetto alle proprie priorità e ai propri elementi», ha detto Profumo a chi gli ha fatto notare le dichiarazioni di Geronzi sulla permanenza nel capitale di Generali.
Eppure in un primo tempo sembrava che l'exchangeable di Mediobanca dovesse riguardare, oltre alle quote di UniCredit, anche le quote di Capitalia e Mps. Per quanto concerne la banca senese, che ieri ha tenuto un cda, non ci sono avvisaglie e comunque la partecipazione (1,6%) non sarebbe immediatamente vendibile.
Oggi è in calendario un esecutive di Mediobanea, e all'ordine del giorno non dovrebbe esserci il tema Generali, che spetta per statuto al consiglio essendo una partecipazione strategica. Ma informalmente di Generali si potrebbe parlare a latere vista la contemporanea presenza di Salvatori e Geronzi (Profumo invece non ne fa più parte). Sembra che il presidente di Mediobanca, Gabriele Galateri, non sia contrario a una permanenza di Bernheim in nome della stabilità dell'assetto triestino. Stabilità che la presa di posizione di Geronzi fa pendere da una parte. Geronzi era stato l'alleato di UniCredit nel ribaltone su Mediobanca dello scorso aprile introdotto dal blitz sulle Generali condotto dalle tre banche all'unisono, con UniCredit nel ruolo di battistrada. Alla luce delle posizioni createsi, conoscendo il senso di responsabilità di Salvatori e Profumo, piazza Cordusio assumerà una posizione costruttiva. Resta spiazzato Biasi, leader della Cariverona che ha oltre il 2% delle Generali con la voglia di salire. Intanto ieri l'amministratore delegato delle Generali, Giovanni Perssinotto, ha commentato positivamente la decisione di Unicredito di uscire dal capitale di Trieste: «Non possiamo che esprimere un giudizio positivo su questa decisione che contribuisce a ridurre un grande motivo di incertezza degli investitori », ha detto.