La Manodori pensa al patto di sindacato
Gazzetta di Reggio
E' una Manodori battagliera, quella che esce dalla giornata con i vertici di Capitalia in visita nella nostra città. Se i ricorsi alla magistratura lo permetteranno, gli ex azionisti di riferimento della vecchia Bipop sono pronti a entrare nel patto di sindacato di Capitalia
E' una Manodori battagliera, quella che esce dalla giornata con i vertici di Capitalia in visita nella nostra città. Se i ricorsi alla magistratura lo permetteranno, gli ex azionisti di riferimento della vecchia Bipop sono pronti a entrare nel patto di sindacato di Capitalia. Altro che Fondazione via dalla banca, altro che consiglieri a mezzo servizio impegnati giusto a preparare il terreno a coloro che verranno, in ossequio ai regolamenti emanati, dal ministro Tremonti. Del resto, che ieri pomeriggio, smaltito in un attimo l'imbarazzo per qualche assenza, al pranzo in loro onore Cesare Geronzi e Matteo Arpe avessero la sensazione di giocare più che mai in casa, lo si è capito dalla disarmante tranquillità con cui il numero uno di Capitalia ha risposto alle domande dei cronisti. Ecco un piccolo campionario delle risposte date da Geronzi a Palazzo Pratonieri.
SOSTIENE GERONZI
A proposito della polemica sulla sede della banca tradizionale, il numero uno di Capitalia ha spiegato che la lettera di Lamanda non dava, nessuna rassicurazione in questo senso. I dividendi, per gli azionisti? «Il piano industriale - ha detto -prevede risultati da qui al 2005, noi speriamo che arrivino prima, ma non è possibile fare previsioni».
Infine la domanda clou: tra Bipop e Banca Roma chi ha fatto l'affare? Risposta shock di Geronzi: «Gli azionisti». In che senso, chiede il cronista. «Dovete sapere - spiega con calma Geronzi - che noi abbiamo preso un malato che era gravissimo. Ora è sempre in ospedale, ma non è più in rianimazione, almeno è tornato in corsia. Se non fossimo arrivati noi, gli azionisti avrebbero avuto un danno gravissimo».
OBIETTIVO PATTO
Del resto, se non si lamenta la Fondazione Manodori delle perdite subite (Azionariato Diffuso le ha calcolate in 118 milioni di euro, soltanto dal 15 maggio, giorno della fusione ad oggi) chi altri dovrebbe farlo? Ma tant'è: la Manodori è decisa a stare sul carro di Geronzi, come ha lasciato intendere il presidente della fondazione, Mauro Bigi: «Se l'emendamento alla finanziaria sulle fondazioni - ha detto - dovesse essere approvato, la nostra fondazione valuterà se entrare nel patto di sindacato di Capitalia». La Fondazione Manodori è azionista di Capitalia con il 3,7%. Per poter entrare, dovrebbe far uscire qualche altro azionista di riferimento. La scadenza è a fine anno e qualche partner intenzionato a uscire ci sarebbe: nel settembre scorso, si fece il nome di Abn Amro come possibile socio che avrebbe ceduto il passo. In vero, quella di Bigi sembra non essere oggi una posizione condivisa appieno a palazzo Pratonieri, dove c'è anche chi sostiene sia oggi prematuro affrontare questo problema. Per quanto riguarda, poi l'incontro con i membri del consiglio generale, Arpe e Geronzi hanno presentato il piano industriale, assicurando per Reggio investimenti nel settore del credito alle imprese. Investimenti che per il resto dell'Italia sono nell'ordine del 20 per cento in tre anni, mentre a Reggio sono nell'ordine del 27% annuo.
SOSTIENE GERONZI
A proposito della polemica sulla sede della banca tradizionale, il numero uno di Capitalia ha spiegato che la lettera di Lamanda non dava, nessuna rassicurazione in questo senso. I dividendi, per gli azionisti? «Il piano industriale - ha detto -prevede risultati da qui al 2005, noi speriamo che arrivino prima, ma non è possibile fare previsioni».
Infine la domanda clou: tra Bipop e Banca Roma chi ha fatto l'affare? Risposta shock di Geronzi: «Gli azionisti». In che senso, chiede il cronista. «Dovete sapere - spiega con calma Geronzi - che noi abbiamo preso un malato che era gravissimo. Ora è sempre in ospedale, ma non è più in rianimazione, almeno è tornato in corsia. Se non fossimo arrivati noi, gli azionisti avrebbero avuto un danno gravissimo».
OBIETTIVO PATTO
Del resto, se non si lamenta la Fondazione Manodori delle perdite subite (Azionariato Diffuso le ha calcolate in 118 milioni di euro, soltanto dal 15 maggio, giorno della fusione ad oggi) chi altri dovrebbe farlo? Ma tant'è: la Manodori è decisa a stare sul carro di Geronzi, come ha lasciato intendere il presidente della fondazione, Mauro Bigi: «Se l'emendamento alla finanziaria sulle fondazioni - ha detto - dovesse essere approvato, la nostra fondazione valuterà se entrare nel patto di sindacato di Capitalia». La Fondazione Manodori è azionista di Capitalia con il 3,7%. Per poter entrare, dovrebbe far uscire qualche altro azionista di riferimento. La scadenza è a fine anno e qualche partner intenzionato a uscire ci sarebbe: nel settembre scorso, si fece il nome di Abn Amro come possibile socio che avrebbe ceduto il passo. In vero, quella di Bigi sembra non essere oggi una posizione condivisa appieno a palazzo Pratonieri, dove c'è anche chi sostiene sia oggi prematuro affrontare questo problema. Per quanto riguarda, poi l'incontro con i membri del consiglio generale, Arpe e Geronzi hanno presentato il piano industriale, assicurando per Reggio investimenti nel settore del credito alle imprese. Investimenti che per il resto dell'Italia sono nell'ordine del 20 per cento in tre anni, mentre a Reggio sono nell'ordine del 27% annuo.