In Mediobanca faccia a faccia Maranghi-Geronzi

Il sole 24 ore

In gioco la quota Lazard a Trieste

MILANO - Entro la fine del mese gli azionisti di Mediobanca dovranno valutare non solo i temi di corporate governance, che saranno inseriti nel nuovo statuto, ma anche risolvere la questione della destinazione finale delle quote Lazard, principalmente il 2.96% di Generali e il 2% di Mediobanca, sulle quali l'istituto di Piazzetta Cuccia ha ottenuto una prelazione valida fino a fine giugno. E' stato proprio il fuori-programma delle quote Lazad, che il management di Mediobanca aveva chiesto fosse portalo all'attenzione del patto, la causa dello slittamento dell'assemblea plenaria dei soci di maggioranza(originariamente prevista per ieri con la goverance all'ordine del giorno) e la materia delle successive consultazioni individuali che già ieri il presidente del patto, Ariberto Mignoli, ha avviato.
Ma gli incontri ieri non si sono svolti solo in via Agnello, dove ha sede lo studio del professionista milanese. In Piazzetta Cuccia in mattinata è stato visto entrare il presidente della Banca di Roma Cesare Geronzi, e in serata anche l'amministratore delegato di Montedison, Enrico Bondi. Ma se è presumibile che Bondi si sia recato in Mediobanca per discutere delle questioni legate alla sistemazione della vicenda Falck, dopo la bocciatura in assemblea dei termini proposti per la fusione, pare invece che l'oggetto principale del colloquio tra Geronzi e l'amministratore delegato Vincenzo Maranghi sia siato Trieste. Maranghi avrebbe insistito sull'opportunità di discutere dell'argomento in seno al patto, dato che l'opzione ottenuta dai francesi si avvia verso la scadenza e che su questa quota la prelazione è accordata con uno sconto dell'ordine del 15% rispetto al prezzo di mercato.
Alle quotazioni attuali e alle condizioni concordate il pacchetto di Generali vale poco meno di 2.300 miliardi.
Pare che alla fine Maranghi sia riuscito a vincere le resistenze del presidente di Banca Roma sulla disponibilità ad affrontare la questione prima che le regole di corporate governance diventino operative, ma ciò non significa che sia già stato possibile trovare l'accordo sulla destinazione finale del pacchetto Generali, come pure del resto quella del pacchetto Mediobanca.
L'ipotesi originaria di far rilevare la quota di Trieste da una società, Consortium, partecipata al 20% dalla stessa Mediobanca non piacerebbe nè a Roma, nè a Torino. In alternativa nei mesi scorsi si era parlato di un eventuale intervento delle Fondazioni azioniste di UniCredit, nonchè di un possibile ruolo nella pattita della Mediolanum di Ennio Doris.
Intanto Mignoli, di nuovo alle prese con il difficoltoso compito di conciliare tutti gli impegni per riconvocare l'assemblea del patto entro la fine del mese, termine ultimo tra l'altro per le eventuali disdette, ha riaffermato l'intenzione di preservare il clima costruttivo che si era creato tra gli azionisti sulla corporate governance.
"Quanto è successo in assemblea Montedison - ha detto il giurista - non c'entra nulla con il patto di Mediobanca, e quindi la questione non è materia di discussione in sede di patto". "Sono fermamente intenzionato a ricomporre ogni divergenza - ha aggiunto - A piccoli passi procediamo verso l'intesa".
Non è chiaro se prima del cda di Mediobanca, che si terrà entro il 16 per l'esame della semestrale, si terrà anche il direttivo del patto, come è stato richiesto da qualche azionista. Di prassi il direttivo del patto si tiene sempre in coincidenza con il cda di bilancio annuale.