Geronzi: il Leone non si sdraia e sulle acquisizioni non saremo timidi. Una balla la fusione con Mediobanca

Il Piccolo

Cesare Geronzi, presidente del Leone dal 24 aprile, nonostante abbia lasciato il santuario della finanza milanese senza di fatto lasciarla, mi riceve tra boiserie ottocentesche, poltrone in pelle, vecchie stampe che odorano di un passato presentissimo. Alla parete un orologio a pendolo con il quadrante d’oro batte tre rintocchi…


MILANO-Piazza Cordusio, a duecento metri da piazza del Duomo. L'etimo di Cordusio richiama "curia ducis", era la sede del duca longobardo nella Milano medievale. Affaccia a piazza Cordusio non solo il palazzo di Unicredit, ci sta anche la sede di Generali Cesare Geronzi presidente del Leone dal 24 aprile, novello duca della finanza italiana, nonostante abbia lasciato il santuario della finanza milanese senza di fatto lasciarla, mi riceve tra boiserie ottocentesche, poltrone in pelle, vecchie stampe che odorano di un passato presentissimo. Alla parete un orologio a pendolo con il quadrante d'oro batte tre rintocchi, sono le 15. Nei corridoi transitano, affaccendati e pieni di carte in braccio, Balbinot, Agrusti e mezzo stato maggiore della compagnia triestina.

Qual è il giudizio dei suoi primi 100 giorni da presidente? Che idea si è fatto di Generali e del contesto in cui opera?
Le Generali sono un Gruppo di grande solidità, la prima multinazionale italiana. Ma non si siederà mai sugli allori. Il Leone non si sdraia. Mirerà sempre a ulteriori traguardi. Mi sono accostato al Gruppo con umiltà e con desiderio innanzitutto di imparare. Ho potuto avere la conferma che nelle Generali lavora un personale di primo ordine per professionalità e dedizione. Dal punto di vista logistico-organizzativo, si tratta di un contesto dal carattere spiccatamente federalizzato. Trieste, Milano, Roma, Venezia, Mogliano Veneto sono gli snodi di questa rete articolata. Ho visitato il centro direzionale di Mogliano della cui struttura e operatività sono rimasto affascinato. Lo stesso fascino che mi ha suscitato la "cittadella" delle Generali di Parigi, in cui l'impronta dell'italianità è motivo di orgoglio e fa onore a chi ha concepito questo centro.

Ma di cosa si è occupato in questo primo pezzo di strada alla guida di Generali?
I miei primi impegni, con l'efficace concorso dell'amministratore delegato e Group CEO Giovanni Perissinotto, l'amministratore delegato Sergio Balbinot e il Direttore Generale Raffaele Agrusti, hanno riguardato alcune importanti innovazioni nella collegialità, nella periodicità delle riunioni e nel bilanciamento delle attribuzioni della governance; l'analisi organizzativa a tutto campo affidata ad una primaria società di consulenza, che sta ora lavorando; l'avvio delle relazioni con le organizzazioni sindacali e con il comitato aziendale europeo; l'impulso al sostegno culturale e alla ricerca economica e istituzionale anche attraverso la rivitalizzazione, ora in corso, della Fondazione; la sollecitazione ad approfondire, in vista di possibili concrete iniziative, i temi della educazione finanziaria e dell'assistenza alla longevità e alla non autosufficienza; l'organizzazione di quella cruciale funzione che è la comunicazione. Stella polare è il pieno sfruttamento delle notevoli potenzialità della Compagnia, dalle secolari tradizioni, e, quindi, con esso il perseguimento dell'ancor maggiore efficienza e competitività.

Cosa va e cosa non va nella Compagnia?
Costituisce un pilastro della Compagnia il ruolo degli agenti. Una delle risorse pregiate in Generali è il grande dono dell'ascolto. Dovremo realizzare una migliore organizzazione, anche logistica. Non è in questione l'autonomia delle tante compagnie che controlliamo nel mondo, le quali chiedono indipendenza nell'ambito di una strategia condivisa. Va riorganizzata soprattutto la nostra presenza in Italia, poiché avverto, a volte, una dispersione organizzativa. In questa trama policentrica, si potrebbe materializzare il rischio di complicazioni.

In una logica di ricerca di efficienza, esiste l'ipotesi di trasferire Generali da Trieste?
Niente affatto. Amo Trieste e le Generali sono consustanziali con questa città, dalla storia incomparabile e dal fascino indiscutibile. Vi sto pure cercando casa. Non è in questione il mantenimento della sede legale ad infinitum a Trieste. Ma se teniamo alcuni tipi di riunioni a Milano, anche chi, per parteciparvi, proviene da Colonia o da New York può arrivare e rientrare in giornata. Tuttavia le redici sono inestirpabili. Le dirò: tutti i fine settimana, dopo un'attività a tempo pieno nelle diverse sedi della Compagnia, torno alla mia casa a Marino, il paese sui colli romani da cui provengo e che per nessuna ragione potrei lasciare. Le tradizioni sono dentro di me, ma l'operatività richiede anche tempestività ed efficienza. Si tratta di conciliare i retaggi gloriosi con la rapidità imposta dalla globalizzazione. Gli uni senza l'altra, e viceversa, snaturerebbero le Generali.

Quali sono le linee fondamentali su cui farete viaggiare lo sviluppo a venire del gruppo?
Possiamo fare di più nelle attività di gestione del risparmio. Su questo versante abbiamo la possibilità di crescere. Si tratta di una attività che, però, esige rigorosamente una sana e prudente gestione, perché essa interagisce con la vita delle persone. Il contesto economico e finanziario è tuttora denso di incertezze; non siamo ancora pienamente fuori dagli effetti della crisi globale; la ripresa è ancora stenta. Il Governo ha tempestivamente predisposto un'efficace manovra. Bisogna, ora, verificarne le ricadute. È stata fondamentale la messa in sicurezza dei conti pubblici. Ora, quali che siano le evoluzioni politiche – sulle quali non entro – è importante,  come si è iniziato a fare, darsi carico della crescita, anche in relazione al quadro migliore in Eurolandia, tracciato giovedì da Jean-Claude Trichet.

Ma Generali come ha affrontato e come sta affrontando la crisi internazionale?
Le Generali hanno reagito bene alla tempesta perfetta. Ora si tratta di migliorare ancora l'operatività, in specie nel ramo danni; soprattutto di cogliere il bisogno di certezze per il futuro che la crisi ha accentuato e che è un'opportunità per un'impresa assicurativa. Non si deve, d'altro canto, fare astrazione dalle compatibilità di sistema. Ma alcune misure legislative sulle imprese risultano eccessivamente sbilanciate.

In tempi di crisi, possono più facilmente emergere opportunità di acquisizioni a prezzi convenienti. In particolare, siete interessati per esempio alla cessione di parte degli assets asiatici di Aig?
Le aggregazioni sono legate a circostante favorevoli. Possono implicare l'impiego di capitali aggiuntivi, cosa che, per la pre-costituzione, richiede tempo. Ora posso solo confermare che nel nostro radar il tema delle acquisizioni è presente e fondamentale. Non saremo timidi. La nostra storia lo dimostra.

Nel recente passato, a più riprese prima che lei assumesse la presidenza di Generali, è stata ipotizzata una fusione con Mediobanca. Ipotesi da lei sempre risolutamente smentita.
Dicevo all'epoca che era una "balla". Confermo. Conosco Mediobanca bene. Vi ho ricoperto cariche per 18 anni, dal 1992, e certamente so che in una certa epoca ha avuto un ruolo fondamentale per il sistema economico italiano. Con la stessa serietà e competenza – che le sono riconosciute – può essere oggi un perno del mondo bancario, preparandosi anche ad affrontare al meglio l'evoluzione che si profila negli ordinamenti e nei mercati. Ma un incrocio con Generali non avrebbe senso.

Allo stesso modo liquida lo scenario della vagheggiata fusione con Mediolanum?
Non so se vagheggiata, ma non è per nulla realistica. Del resto, figuriamoci se il mio amico Ennio Doris potrebbe mai pensare di cedere il suo gioiello.

E in termini di nuovi mercati, quali direttrici di sviluppo intendete privilegiare?
Siamo ormai presenti ovunque, Cina e India comprese. Ma potrei dire che ci piacerebbe una forte espansione in Sud America, che è territorio di primario interesse. Lo stesso ruolo assunto in Spagna, peraltro, sarà alla fine funzionale anche alla crescita in Sud America. Con ponderazione, cercheremo di individuare opportunità di sviluppo e di reddito.

Ma come valuta l'andamento reddituale e della produttività di Generali, anche alla luce dei dati della semestrale?
Sono soddisfatto, tenuto conto dei tempi e della congiuntura di una crisi che non passa del tutto e considerati i raffronti con i competitor, I numeri sono confortanti. Sono un incitamento a fare ancora meglio. Con le razionalizzazioni, con la crescita ulteriore dell'efficienza operativa, con adeguamenti e innovazioni, in particolare nel ramo danni e con una spinta propulsiva nella diversificazione della tutela del risparmio. La semestrale, insomma, ha due facce: una, nettamente positiva per il grande lavoro svolto a tutti i livelli con spiccata professionalità; l'altra che ci invita a fare ancora meglio, a cogliere tutte le opportunità, ad affrontare con ardore la concorrenza.

E tuttavia avete commissionato a Boston Consulting uno studio per il riassetto organizzativo, funzionale a migliori performances sui profitti e sull'operatività.
Abbiamo chiesto a Boston Consulting una analisi dell'organizzazione, come accennavo, e la messa a fuoco dei punti di forza e di debolezza dell'assetto attuale. Un check-up importante che consentirà all'azienda di migliorare l'efficienza e la creazione di ricchezza.

Il riassetto organizzativo implicherà un confronto con i sindacati. Allo stato come definirebbe i rapporti con i rappresentanti dei lavoratori?
Le relazioni sono ottime, anche con il Comitato aziendale europeo. Ho incontrato queste rappresentanze più volte, ovviamente avendo il vantaggio – raro di questi tempi – di poter fare osservare che Generali non licenzia, ma assume e che si tratta della prima realtà economica italiana, di cui si deve essere fieri. E ciò, nonostante che, sotto i profili più diversi, vari fattori di contesto non siano favorevoli. Relazioni sindacali stabili e trasparenti che partono dal presupposto della comunione dei fini aziendali costituiscono un punto di forza per il Gruppo. È una convinzione profonda.

Parliamo di due questioni esterne al business. La prima: qual è la vostra posizione in merito al piano di social housing immaginato dal governo?
Parliamo di una iniziativa che, secondo i piani, dovrebbe avere una dote di 2 miliardi di euro. L'abbiamo esaminata a fondo, alla luce dell'impatto che operazioni della specie potranno esercitare sul patrimonio, sulla base della sopravveniente direttiva Solvency 2. Non possiamo essere contrari, per definizione, ma, valuteremo in via definitiva, in un prossimo Comitato esecutivo, la sostenibilità di questa operazione. Del resto, il piano casa promosso da Fanfani nel 1949 è stato voluto e congegnato dal Governo dell'epoca anche con l'apporto dell'Ina. Nulla di nuovo, dunque; cambia forse solo la dimensione. Giovedì, il Consiglio di amministrazione – in cui componenti si distinguono per gli apporti, per le diversificate esperienze e per capacità, tutti di alto livello, come i sindaci – ha varato, in via sperimentale, un importante organismo consultivo: il Comitato per gli investimenti. Migliorerà ancora, per i contributi interdisciplinari che potrà dare, il funzionamento della governance. Su questa delicatissima materia ci raccorderemo, poi, alla normativa Isvap (ora in consultazione pubblica) quando entrerà in vigore. Insomma, un passo avanti assai significativo, sempre nella logica del "magis ut valeat". Il Consiglio ha anche varato l'organigramma dell'intera area della comunicazione.

La seconda questione extra business ha a che fare con il ruolo di Generali al servizio della cultura. Un tasto, questo, che lei ha rimarcato fin dal suo insediamento, anche in una logica di relazioni con il territorio triestino.
Siamo intenzionati a fare risorgere, novella araba Fenice, la Fondazione Generali. Ne incrementeremo il patrimonio e sarà il nostro strumento operativo per le attività legate alla ricerca, alla formazione, all'istruzione, alla cultura in generale. Adotteremo specifiche linee di indirizzo: tra queste, i ricordati temi dell'educazione finanziaria, dell'assistenza alla longevità, degli interventi della sanità, in genere del Welfare e del lavoro. La sede della Fondazione sarà a Trieste. Pensiamo di costituire un comitato scientifico di altissimo livello. Trieste, con un profilo culturale che costituisce un unicum tra letteratura, scienze e nuove tecnologie, è la sede più adatta per la promozione delle attività della Fondazione. E anche questo un modo per corrispondere agli interessi generali, in una fase di necessitate restrizioni alla spesa pubblica. L'intero mondo assicurativo deve, dal canto suo, migliorare la propria immagine e reputazione e fare evolvere i rapporti con la clientela. Non c'è contrasto tra rigorosa tutela degli interessi aziendali e attenzione agli interessi generali.
Paolo Possamai